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Scadenze, etichette e sprechi degli alimenti: diciamo la verità (19/05/2014)

Come riportato dal tabloid tedesco Bild l'Unione Europea si appresterebbe a rivedere le norme sulle etichette di scadenza dei prodotti alimentari per far sparire le scritte «da consumarsi preferibilmente entro» dalle confezioni di prodotti come pasta, riso, the, caffè e formaggi duri. Coldiretti conferma che l'argomento sarebbe all'ordine del giorno della riunione del Consiglio Agricoltura in programma il 19 maggio a Bruxelles.
Il motivo addotto per questa rimozione sarebbe quello di ridurre gli enormi sprechi alimentari, cui contribuiscono le famiglie che buttano gli alimenti allo scadere dei termini di sicurezza.

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In questo modo chi compra non avrebbe più alcuna indicazione sull'età del prodotto che vuole acquistare.

Dal sito dell'ADOC - Associazione Difesa Orientamento Consumatori - vediamo qualche dato più serio sui reali sprechi alimentari in Italia:

'In occasione della prima giornata nazionale contro gli sprechi alimentari l’Adoc pubblica un’indagine sugli sprechi realizzati dalle famiglie. Secondo le stime dell’Associazione ogni famiglia, in media, spreca il 7% della propria spesa alimentare, pari a circa 480 euro l’anno. A pagare dazio sono soprattutto i prodotti freschi (36%) e il pane (18%).

Non è serio ed è fuorviante perciò far sembrare che la responsabilità degli sprechi di cibo del mondo sia, almeno in buona parte, attribuibile ai comportamenti delle famiglie.

Enormi quantità di cibo vengono buttate, ma i numeri forniti sono spesso solo stime che comprendono i raccolti distrutti nei campi, il cibo deperito nel trasporto, ai mercati generali, in tutti gli stoccaggi, spesso senza distinguere tra paesi poveri (dove insetti ed animali decimano le riserve) e paesi occidentali, contando poi anche le bucce e tutti gli scarti di cucina che non possiamo proprio mangiare (chiunque cucini sa bene quanta parte rappresentino gli scarti di preparazione).

L'attenzione alle scadenze indicate per gli alimenti sta fortunatamente crescendo, le persone stanno più attente alle scadenze sulle etichette perché sono meno disposte a rischiare di stare male per quello che mangiano. E' un segno di civiltà, c'è più consapevolezza perché sempre più persone sono più informate. E' una buona cosa.
Curiosamente, però, alla maggiore maturità delle persone come consumatori non sempre corrisponde un comportamento di alcune autorità che spesso va in direzione opposta, rendendo sempre più difficile avere le informazioni che permettono di scegliere.

La data di scadenza indica il termine entro il quale l'alimento è idoneo al consumo, se mantenuto nelle corrette condizioni di conservazione, ed è prevista per tutti i generi deperibili (latte fresco, yogurt, ricotta, uova, pasta fresca, ecc.).

La scritta «da consumarsi preferibilmente entro» indica il termine minimo di conservazione, valida a patto che vengano rispettate le modalità di conservazione come al fresco, buio, non umido, ecc... e non indica il termine ultimo entro il quale consumare l'alimento. Anche questi alimenti in realtà deperiscono, ma con modi e tempi che variano in modi diversi.

Un esempio
In Spagna, con un decreto reale datato 28 aprile il governo ha deciso di abolire la data di scadenza sugli yogurt.
Il provvedimento è entrato in vigore nei giorni in cui Miguel Arias Cañete, promotore dell’iniziativa nonché Ministro dell’agricoltura, dell’alimentazione e dell’ambiente, è stato sostituito, e rientra in una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica contro lo spreco di cibo il cui slogan è: “Più alimenti, meno scarti”.

Come dire che, anche se scaduto, lo yogurt è ancora buono perché non fa male. Ma un alimento non è buono perché non fa male, è buono se è buono. Se non fa male, non fa male. E basta.
La presenza di fermenti lattici vivi è la caratteristica base di questo prodotto: se sono morti è un altro prodotto.

Lo yogurt ha un valore nutrizionale soprattutto per i fermenti lattici vivi contenuti al momento di mangiarlo, e questi cominciano a diminuire appena fatto, diminuiscono con il tempo e la temperatura.

Dobbiamo ricordare che sono miliardi i batteri contenuti nello yogurt fresco ed il numero e la sopravvivenza dei microrganismi sono legati alla freschezza dello yogurt e alle condizioni di conservazione: l'ideale, oltre a conservare lo yogurt sempre in frigo, è acquistarlo il più possibile fresco, a non più di una settimana dalla produzione.
Nemici dei batteri, infatti, sono tempo e calore. Con il passare dei giorni la popolazione dei batteri si riduce in maniera esponenziale e bastano pochi minuti a temperature più alte di 4 gradi per decimarli.
Se perdiamo i fermenti vivi (che tra l'altro aiutano il nostro sistema immunitario e l'assimilazione del calcio), perdiamo alcune delle caratteristiche fondamentali di questo prodotto, che viene così snaturato.

Una proposta concreta
Una soluzione semplice e pericolosamente onesta sarebbe quella di indicare su ogni alimento anche la data di preparazione, vicino alle istruzioni di conservazione ed alla durata di conservazione in quelle condizioni. Non è difficile, no?

Per saperne di più
ADOC - Associazione Difesa Orientamento Consumatori

PdP


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