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Vedere con la pancia (12/03/2012)

 

I nostri sensi non ci danno una immagine oggettiva di ciò che ci circonda, ma rilevano le informazioni in modo condizionato dalla nostra mente.
Un nuovo studio ha rilevato che le persone che hanno fame vedono, identificano le parole legate al cibo più chiaramente di quelle che hanno appena mangiato.

Lo studio, pubblicato su Psychological Science, un giornale dell'Association for Psychological Science, ha dimostrato che questo condizionamento avviene ai primi stadi della percezione, prima che la parte alta del cervello abbia modo di intervenire sui messaggi che arrivano dagli occhi.

In realtà è qualcosa che molti di noi hanno, in qualche modo, sperimentato in prima persona. Chi ha appena preso un cane spesso si ritrova a notare molto di più i cani, chi deve acquistare un'auto vede molto più facilmente i modelli che ha in mente. Quando cioè vi è una necessità o un interesse particolare i nostri sensi tendono a recepire più facilmente i messaggi che riguardano l'oggetto del nostro interesse. L'occhio si sposta su ciò che ci circonda, ma non può rilevare tutto, tutti gli stimoli. Opera una selezione in base a ciò che la testa gli segnala come più rilevante. E così gli altri sensi, perché i possibili stimoli, le possibili informazioni che potremmo raccogliere sono infinitamente più numerosi di quanto siamo in grado di elaborare. Bisogna quindi operare una selezione, scegliendo ci che riteniamo essere più importante. Normalmente, del resto, abbiamo poca o nessuna coscienza.

Ma torniamo alla nostra ricerca.
E' noto che ciò che passa per la nostra testa influenza i nostri sensi. Esperimenti hanno dimostrato che secondo i bambini più poveri le monete hanno una dimensione maggiore di quella reale, a chi ha fame le immagini di cibo sembrano più chiare.
Rémi Radel dell'Université Nice Sophia Antipolis, in Francia, hanno voluto studiare come questo avviene, se prima che il cervello riceva le informazioni dagli occhi o un poco dopo, quando viene coinvolto il cervello a livello superiore.

Radel ha recrutato 42 studenti con un normale indice di massa corporea. Il giorno del test, ad ogni studente è stato detto di arrivare in laboratorio tre o quattro ore dopo aver assunto cibo. A questo punto è stato comunicato che che vi era un ritardo. Ad alcuni è stato detto di ripresentarsi dopo 10 minuti, mentre ad altri è stata data un'ora per il pasto. In questo modo metà degli studenti era affamata e metà aveva appena mangiato.

Per l'esperimento ogni partecipante doveva guardare un monitor sul quale apparivano in sequenza, per un trecentesimo di secondo ognuna, 60 parole di una dimensione al limite della possibilità di essere percepita.
Un quarto delle parole era legato al cibo. Dopo ciascuna apparizione veniva chiesto, prima, quanto fosse chiara la parola, e poi di scegliere tra due parole viste: una, relazionata con il cibo, ed una no. Ciascuna parola era apparsa per un tempo troppo breve perché potesse essere realmente letta coscientemente.

Le persone con lo stomaco vuoto hanno dimostrato di vedere le parole connesse con il cibo in modo più chiaro e sono riuscite ad identificarle meglio.
Dato che le parole erano state mostrate per un tempo troppo breve perché potessero essere lette, vuol dire che erano state rilevate ad uno stadio precedente la lettura cosciente. L'informazione importante era stata scelta, ricevuta e memorizzata prima dello stato di elaborazione cosciente. Questa modalità di operare del nostro corpo è quindi chiaramente fondamentale per la nostra sopravvivenza.

Un altro esempio di questo tipo di percezione lo possono avere avuto le persone che vanno in moto da molto tempo. Quando si è nel traffico di una città, se si indossa un casco integrale, il campo percettivo è molto limitato dalla forma del casco stesso. Indossando un casco a scodella, di quelli aperti, abbiamo un angolo di visuale molto più ampio perché non chiuso sui fianchi.
Ora, al di là dell'uso degli specchietti retrovisori, spesso un rapido movimento laterale del capo permette di cogliere eventuali pericoli, come altri veicoli in arrivo o un pedone che si appresta a scendere dal marciapiede. Spesso non abbiamo coscienza di ciò che vediamo o non vediamo, nella frazione di tempo usata per questo rapido movimento, ma raccogliamo comunque informazioni che ci tranquillizzano o meno, portandoci a decidere di spostarci, di curvare, oppure no.
Con il casco integrale ciò è impossibile. Pensandoci bene, a conferma dello studio di Rémi Radel possiamo prendere coscienza di altre percezioni incoscienti vissute in prima persona.

Lo studio è pubblicato su
Association for Psychological Science

( Marco Dal Negro )

 


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