Massimo
Ranieri
L'intervista
Massimo Ranieri prosegue il suo viaggio dentro la canzone napoletana: con
'Nun è acqua' (S4) si addentra in un patrimonio collettivo che restituisce integro e rinnovato al tempo stesso. Prodotto da Mauro Pagani, che ha curato gli arrangiamenti con Mauro Di Domenico
(quest'ultimo si è anche occupato della ricerca storica), il disco di Ranieri risulta delicato e leggero, anche se si percepisce il lungo e rispettoso lavoro che si conviene quando si tratta una materia simile.
Dice infatti Mauro Pagani: <Per quanto io sia un padano versatile ho accettato il lavoro con grande umiltà, perché è difficile avere a che fare con la musica napoletana. I pezzi, arrivati chitarra e voce, mi hanno permesso di ricominciare da capo, come se dovessi lavorare con il compositore che scrive un testo per la prima volta. Oggi è quasi scomparso il mestiere dell'autore - prosegue - : spesso chi scrive canta anche il suo pezzo. Con questo progetto ho imparato a ascoltare e rispettare.>.
Con questo spirito sono stati invitati, tra i molti, Susana Baca e Andrea Parodi, ex Tazenda - canta in
'Piscatore e' Pusilleco' -, Mouna Amari (oud) e Paolo Jannacci (fisarmonica), Paolo Tomelleri (clarinetto) e
l'Edodea Ensemble (archi).
Registrato, mixato e co-prodotto dal fido collaboratore Ali Staton (Lamb, Mushtaq, Nitin Sawhney e Spacek), l'album nasce idealmente tre anni fa quando era al lavoro con Cathy Dennis (è suo il brano 'Can't Get You Out of My Head' reso celeberrimo da Kylie Minogue): il brano primordiale dell' attuale album è addirittura "Jackie Cane", contenuto in 'The Magnificent Tree'. Oggi il cerchio si è chiuso.
"Nun è acqua" prosegue la ricerca sulla canzone napoletana
.
Sì, in effetti questo disco e il precedente rappresentano per me un ritorno sicuramente fuori dall'ordinario. Inoltre non cantavo in napoletano dal 1975.
Abbiamo cercato di tirare fuori la tradizione millenaria e le sue provenienze, dai greci agli americani del 1940. Volevamo vedere cosa era rimasto in quel 'pozzo di san Patrizio', come io chiamo la canzone napoletana, e abbiamo trovato ancora tanta cioccolata. Abbiamo spaziato di più, e abbiamo arricchito i brani di una dimensione più orchestrale. Siamo partiti dal 1888, con 'E ccerase' di Salvatore Di Giacomo fino ad arrivare al 1958, con 'Giacca Rossa' di Carosone. Del resto, non potevo ignorare il capostipite: Di Giacomo è come Ronaldo, non puoi tenerlo in
panchina.
C'è stata molta attenzione anche alla lingua e alla scrittura delle canzoni...
Sì perché si sono riscoperti dei veri autori. 'E cerasa' è una poesia che è stata resa canzone una volta sola nel '50: è scritta in un napoletano che si è perso, quando ancora il dialetto era considerato una lingua. Mi sono accorto che nemmeno io usavo più certi termini. Oppure 'Giacca rossa', che cantavo da bambino: è quasi un inedito questo pezzo di Carosone, passata alla memoria come canzone minore ma in realtà bellissima e straziante, ha lo stesso spessore drammaturgico di testo e musica che avevano altre molto più famose.
Come è stato l'approccio a una tale ricchezza culturale?
Prima di tutto un approccio di grande rispetto della tradizione. E poi di amore per la cultura napoletana, specie laddove si unisce a altre tradizioni, come quella araba. In 'E ccerase' abbiamo ad esempio inserito il testo originale di un'antica canzone d'amore persiana, di ceppo linguistico farsi. In generale abbiamo lavorato su testi ai quali non c'era nulla da aggiungere, semmai togliere orpelli che nel tempo si erano accumulati, come in 'Luna rossa'. Abbiamo cercato di ritrovare quel mistero e fascino delle origini.
Nel disco c'è anche un omaggio a Modugno...
Volevo da tempo omaggiare Domenico Modugno con quelle canzoni con cui si divertiva a fare il napoletano: 'Io mammeta e tu' e 'o' ccafè' . Brani leggeri, che con garbo fanno sorridere. Gli arrangiamenti scelti hanno voluto restituire quella trista ironia alla Nino Taranto, un maestro di stile.
Come è stata scelta la voce di Susana Baca in 'Malafemmena'?
L'operazione in realtà è stata più complessa perché
'Malafemmena' è stata scritta da Totò sulla struttura di 'Amapola', canzone spagnola dei primi del '900 e molto popolare all'epoca. Totò è stato sicuramente influenzato da quel brano. Abbiamo così scelto di fare un medley tra i due pezzi, scegliendo la bellissima voce di Susana Baca che rende l'atmosfera sospesa nel tempo. Lei canta il pezzo 'gemello' e rende le due canzoni molto vicine tra loro.
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