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Degenerazione maculare: al congresso di Seattle hanno appena fatto il punto sulle terapie disponibili (05/05/2016)

Il congresso annuale dell'Association for Research in Vision and Ophthalmology (ARVO) a Seattle, il 2 maggio 2016 sono stati presentati i risultati del primo e più completo studio su cosa è cambiato con l'uso dei farmaci anti-VEGF per contrastare la degenerazione maculare.

I risultati dello studio su 650 persone con degenerazione maculare senile (AMD) indicano che dopo 5 anni di farmaci anti-VEGF iniettati nell'occhio il 50% circa aveva ancora una visione di 20/40 o migliore, valore che negli U.S. permette di guidare o di leggere caratteri di dimensione normale. Risultati impensabili solo 10 anni fa, quando questi farmaci non erano disponibili, come spiegano gli autori dello studio.

La degenerazione maculare senile colpisce la porzione centrale della retina, la macula, sede della visione distinta causando la perdita della parte centrale dell'immagine e spesso, ai primi stadi, si manifesta con pochi sintomi. Ci sono due tipi di AMD avanzata: la cosiddetta "atrofia geografica" che è lo stadio atrofico avanzato della AMD "secca" e la più comune AMD neovascolare, conosciuta anche come AMD umida.

Nella AMD neovascolare sotto la retina crescono dei vasi sanguigni fragili che mostrano perdite di liquido. Normalmente questo processo inizia in un occhio ed è stimolato da una proteina chiamata VEGF. Solo 10 anni fa le persone cui veniva diagnosticata l'AMD neovascolare erano praticamente certe di andare verso una perdita progressiva della vista prima nell'occhio interessato ed in seguito anche nell'altro.

Questo nuovo studio ha seguito per 5 anni pazienti che si sono curati regolarmente con farmaci mirati a bloccare la proteina VEGF ed ha trovato che, alla fine, il 50% aveva ancora una visione di 20/40 o migliore, il 20% aveva una visione di 20/200 o peggiore ed il resto stava tra i due valori.

Dieci anni fa la migliore cura possibile della AMD neovascolare era la terapia fotodinamica con iniezioni endovenose di farmaco ed utilizzo di laser per sigillare i vasi sanguigni che perdevano.
Precedenti studi hanno trovato che a un anno dalla diagnosi solo il 20% dei pazienti che avevano seguito questa terapia aveva ancora un visione di 20/40 e fino al 40% era sceso a 20/200.
Senza cure meno del 10% dei pazienti riusciva a raggiungere 20/40 a 1 anno e fino al 75% era sceso a 20/200.

Negli U.S. le persone con 20/40 in almeno un occhio possono avere la patente di guida, mentre chi raggiunge con ambedue gli occhi solo 20/200 anche con occhiali o lenti è considerato legalmente cieco e può ottenere i benefici relativi a questa disabilità.

Lo studio 'The Comparison of AMD Treatments Trials (CATT)' è iniziato nel 2008 ed è nato per paragonare gli effetti dei due farmaci anti-VEGF Avastin e Lucentis.

La proteina VEGF ha un ruolo importante nello sviluppo dei vasi sanguigni sia nei tessuti normali che in quelli cancerosi. Avastin (bevacizumab) è stato approvato dalla Food and Drug Administration nel 2004 per la cura del cancro metastatico del colon.

In seguito sono stati sviluppati altri farmaci progettati in modo specifico per agire sui vasi sanguigni della retina, tra questi Lucentis (ranibizumab) giunto sul mercato nel 2006 ed Eylea (aflibercept) nel 2011.

Per curare la degenerazione maculare senile (AMD) i farmaci vengono iniettati nell'occhio. Prima che fosse disponibile Lucentis molti oftalmologi cominciarono a curare la malattia con l'Avastatin che sembrava portare i medesimi benefici, almeno nel breve periodo. La differenza di costo, però, ha reso l'Avastatin più interessante: 50$ a dose contro i 2.000$ del Lucentis.

Nello studio sono stati divisi in modo casuale 1.200 partecipanti in due gruppi: uno curato con l'Avastatin ed uno con il Lucentis. Per due anni sono stati somministrati i farmaci sia mensilmente che secondo il bisogno.
Durante questo periodo i due farmaci hanno avuto la capacità di preservare la vista in modo analogo ed i risultati sono stati confermati dai controlli eseguiti in 5 centri sparsi nel mondo.

Questo studio ha seguito i partecipanti tra il marzo del 2014 ed il 2015, mediamente 5,5 anni dopo l'inizio del trial.
Dopo 2 anni di cure vincolate i partecipanti sono stati liberi di decidere come curarsi con i propri medici.
Durante 3,5 anni più di metà ha ricevuto almeno un trattamento con un farmaco o terapia diverso da quella assegnata. I ricercatori hanno avuto i valori delle misurazioni della vista per 647 di 914 partecipanti ancora viventi.

Oltre agli effetti complessivi delle terapie anti-VEGF a 5 anni i ricercatori hanno paragonato i risultati sui pazienti che avevano ricevuto l'Avastatin ed il Lucentis.

Alcuni esperti hanno sollevato un problema di durata dello studio e della cura ipotizzando che due anni fossero troppo pochi per una valutazione e che il ranibizumab avrebbe potuto offrire benefici di lungo termine superiori a quelli offerti dal bevacizumab. Tuttavia a 5 anni non ci sono state differenze nella capacità visiva dei pazienti dei due gruppi..

 

Lo studio ha anche mostrato che dopo 5 anni i partecipanti assegnati al gruppo Lucentis avevano un tasso di infarti e di ictus superiori: il 7,6% contro il 4,5% dei partecipanti al gruppo Avastatin.
Dato che i partecipanti dopo i primi due anni durante la ricerca hanno ricevuto anche altre terapie oltre a quelle assegnate, i ricercatori si mostrano cauti nell'attribuire queste differenze ai farmaci che si sono studiati in questo studio.

Infine lo studio ha offerto informazioni sul decorso delle cure per la degenerazione maculare senile.
Era noto che molte persone con l'AMD neovascolare sviluppano poi atrofia geografica per la quale non vi sono cure.
Nel corso dello studio l'atrofia geografica si è sviluppata più frequentemente quando i farmaci (ambedue) venivano somministrati con cadenza mensile, rispetto alla somministrazione secondo necessità.

Dopo il trial quasi tutti i partecipanti hanno interrotto le iniezioni mensili in favore di quelle secondo necessità, con una somministrazione media di 4-5 iniezioni per anno.
Nei 5 anni il tasso di atrofia geografica è cresciuto dal 20% dei partecipanti a due anni al 40% a 5 anni, senza differenze tra i due farmaci.

Maureen G. Maguire, Ph.D., principale ricercatrice dello studio e docente di oftalmologia alla Perelman School of Medicine della University of Pennsylvania a Philadelphia conclude ricordando che nonostante queste cure abbiano migliorato notevolmente la prognosi complessiva dei pazienti, bisogna ancora trovare il modo di evitare il peggioramento delle capacità visive e di ridurre i costi di queste terapie.

Per saperne di più sulla degenerazione maculare senile...

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CATT Research Group.
Five-year outcomes with anti-vascular endothelial growth factor treatment for neovascular age-related macular degeneration: The Comparison of Age-Related Macular Degeneration Treatments Trials. Ophthalmology. May 2, 2016.
DOI: 10.1016/j.ophtha.2016.03.045
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Marco Dal Negro