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L'aumento delle temperature all'interno dei fabbricati di Gran Bretagna, Stati Uniti e degli altri paesi sviluppati, sembra contribuire alla crescita del numero di obesi in queste popolazioni.
La ricerca della University College London, pubblicata sul giornale Obesity Reviews, esamina il possibile legame tra la minore esposizione al freddo stagionale e l'incremento degli obesi.
La minore esposizione al freddo può avere due effetti sulla capacità di mantenere un corpo sano: minimizzare la quantità di energia richiesta per stare caldi e ridurre la capacità del corpo di produrre calore.
Lo studio mostra come le temperature all'interno degli edifici, nel tempo, nell'arco dell'anno, si
siano sempre più omogeneizzate rendendo non più necessario, un consumo energetico da parte del corpo, per adattarsi alla temperatura dell'ambiente circostante.
Gli autori dello studio hanno anche discusso sul ruolo del grasso bruno nella produzione umana
di calore.
Il grasso bruno differisce dal grasso bianco, in quanto il primo, ha la capacità di bruciare
energia per produrre calore, ed il suo sviluppo nel corpo, è stimolato dall'esposizione alle basse temperature.
Recenti studi ipotizzano che l'aumento del tempo passato a temperature miti, possa portare ad una perdita di grasso bruno, riducendo, di conseguenza, la capacità di bruciare energia.
Secondo la Dottoressa Fiona Johnson, UCL Epidemiology & Public Health, che ha condotto lo studio, tutto ciò ha un impatto sull'equilibrio energetico che si traduce in peso corporeo ed obesità.
La co-autrice Marcella Ucci, UCL Bartlett School of Graduate Studies, ipotizza quindi che abbassare le temperature all'interno degli edifici, oltre a ridurre le emissioni di anidride
carbonica, sia utile anche per il controllo del peso corporeo.
Lo studio è il risultato della collaborazione tra psicologi della
salute dell'UCL Epidemiology & Public Health, specialisti di gestione dell'ambiente costruito della Bartlett School of Graduate Studies (Faculty of Built Environment), UCL ed uno scienziato dei University of Cambridge Metabolic Research Laboratories.
La ricerca è stata finanziata dall'UCL Crucible Centre.
Fonte
http://www.ucl.ac.uk/
(MDN)
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