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Crescono complicazioni e ricoveri dopo biopsia alla prostata: inviti ad evitare uso indiscriminato (28/09/2011)

 

I ricercatori americani del Johns Hopkins hanno analizzato il tasso di ricoveri successivi alla biopsia della prostata ed hanno trovato un aumento significativo di complicazioni tali da richiedere il ricovero in ospedale.
Alla biopsia, che è una pratica normalmente seguita per diagnosticare il cancro alla prostata, ha corrisposto un tasso di ospitalizzazione nei 30 giorni successivi del 6,9%, in più rispetto al gruppo di controllo di uomini cui non era stata fatta la biopsia.
Lo studio, che sarà pubblicato sul numero di novembre di The Journal of Urology, è stato anticipato online.

I ricercatori sottolineano che questi dati rappresentano un invito ai medici a valutare attentamente rischi e benefici della biopsia, per ogni singolo paziente, prendendo tutte le precauzioni possibili per prevenire infezioni ed altre complicazioni.

Le scoperte del gruppo del Johns Hopkins sono il risultato della più grande analisi di dati della sanità pubblica americana riguardante uomini di 65 anni o più, che si sono sottoposti a biopsia negli ultimi due decenni.
E' emerso che sottoporsi a biopsia alla prostata porta a più del doppio il rischio di successivo ricovero nell'immediato, e quelli che vengono ricoverati hanno una serie di complicazioni come emorragie ed infezioni così come riacutizzazioni di patologie preesistenti e problemi cardiaci o respiratori.

Complessivamente i tassi di mortalità non sono saliti, anche se le persone ricoverate per infezioni collegate alla biopsia hanno avuto un rischio di morte 12 volte superiore a quelli cui non era stata praticata la biopsia.

"La biopsia alla prostata è una procedura essenziale per rilevare i cancro alla prostata," afferma Edward Schaeffer, M.D., Ph.D., urologo oncologo del Johns Hopkins e ricercatore anziano della ricerca. Associate ad appropriato screening, le biopsie alla prostata salvano vite. Schaeffer, professore associato alla Johns Hopkins University School of Medicine ed al Brady Urological Institute, evidenzia che è importante che i pazienti siano realmente consapevoli dei rischi connessi, che vengono invece, spesso, presentati come normali procedure ambulatoriali.

Nel loro studio i ricercatori hanno analizzato la frequenza delle complicazioni che hanno richiesto successivo ricovero, connesse alla biopsia, riguardanti più di 17.400 uomini di 65 anni o più, dal 1991 al 2007.
Hanno paragonato questi tassi con con quelli di una coorte di 134.977 uomini durante il medesimo periodo, con caratteristiche simili, che non si erano sottoposti a biopsia.
Sono stati considerati solo i ricoveri ospedalieri, non gli uomini le cui complicazioni erano state curate in un pronto soccorso o ambulatorialmente.

Secondo Schaeffer, l'aumento di problemi legati ad infezioni successive alla biopsia è da mettere in relazione con l'aumento di microbi resistenti agli antibiotici, presenti anche negli ospedali, che sempre più spesso vanificano le terapie antibiotiche preventive che, normalmente, vengono praticate ai pazienti in occasione della biopsia.
L'uso generalizzato di antibiotici, però, com'è noto, contribuisce a creare nuovi ceppi di batteri resistenti agli stessi antibiotici.

Anche H. Ballentine Carter, M.D., professore di urologia ed oncologia alla Johns Hopkins University School of Medicine concorda sulla necessità di valutare con la massima attenzione ogni singolo caso, in modo da effettuare la biopsia solo quando i benefici siano valutati maggiori dei rischi.

La ricerca è stata finanziata dal Howard Hughes Medical Institute, gli U.S. National Institutes of Health, an American Urological Association Astellas Research Star Award, e dal Patrick C. Walsh Prostate Cancer Research Fund al Johns Hopkins.

Oltre a Schaeffer e Carter hanno contribuito alla ricerca Stacey Loeb, M.D. e Sonja Berndt, Ph.D., al National Cancer Institute.

Per saperne di più
Johns Hopkins Medical Institutions

(MDN)

 


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