Una ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH)
ha messo in evidenza i rischi di complicazioni
respiratorie postoperatorie legati ai farmaci
normalmente usati per immobilizzare i pazienti
durante gli interventi operatori.
Lo studio, pubblicato online sul giornale BMJ, ha
trovato poi che le sostanze normalmente usate per
interrompere l'azione dei farmaci immobilizzanti non
solo non prevengono, ma possono anche aumentare il
rischio che i pazienti abbiano bisogno di un
supporto respiratorio post-operatorio.
Matthias Eikermann, MD, PhD, direttore della ricerca
nella Critical Care Division del MGH Department of
Anesthesia, Critical Care and Pain Medicine ed
autore anziano della ricerca, spiega che i farmaci
che operano un blocco neuromuscolare sono utilizzati
in chirurgia per molte ragioni, tra le quali la
necessità di mettere un tubo per la respirazione e
per evitare che i pazienti si muovano durante
l'intervento. Ma sfortunatamente queste sostanze non
interrompono il loro effetto immediatamente, alla
fine dell'intervento chirurgico, ma lasciano una
debolezza muscolare residua che può far diminuire la
funzione respiratoria post-operatoria. Quanto
scoperto invita a cercare di sviluppare delle
alternative sia per contrastare che per monitorare
in modo più efficace l'effetto bloccante.
Normalmente vengono usati farmaci che impediscono la
trasmissione tra i nervi ed i muscoli, sia durante
gli interventi che per i pazienti sottoposti a
ventilazione meccanica nei raparti di terapia
intensiva, ma queste sostanze, che bloccano per
lunghi periodi, possono creare complicazioni
respiratorie, per cui negli ultimi anni sono state
sostitute da altre più nuove ad azione intermedia.
Il gruppo di Matthias Eikermann si è concentrato
sullo sviluppo di strategie in anestesia generale,
che possano stabilizzare e migliorare la funzione
respiratoria.
I precedenti studi del gruppo avevano ipotizzato
che, nei pazienti in uscita da interventi, i farmaci
ad azione intermedia potessero essere responsabili
per per un'alta incidenza di debolezza muscolare che
portava a difficoltà respiratorie che prolungavano i
tempi nelle sale di risveglio postoperatorio.
Questo studio ha analizzato i dati sugli interventi
in anestesia generale condotti al Massachusetts
General Hospital tra il marzo 2006 ed il settembre
2010.
I ricercatori hanno paragonato i dati di più di
20.000 interventi chirurgici nei quali erano stati
usati agenti per il blocco neuromuscolare ad azione
intermedia con un uguale numero di procedure che non
facevano uso di farmaci, guardando alle
registrazioni dei livelli dell'ossigeno nel sangue
dei pazienti, dopo la rimozione dei tubi per
respirare, verificando se si rendeva necessario
rimpiazzare i respiratori nelle 72 ore successive
all'intervento, procedura che richiede il ricovero
in unità intensiva.
Sono poi state analizzate le strategie usate per
seguire la funzione neuromuscolare durante gli
interventi e se era stato somministrato qualche
farmaco per neutralizzare l'azione dell'agente
immobilizzante.
I risultati hanno mostrato che i pazienti che
avevano ricevuto farmaci ad azione neurobloccante
intermedia avevano il 40% di probabilità in più di
avere bisogno di essere reintubati a causa dei bassi
livelli di ossigeno nel sangue.
Il controllo funzionale della forza neuromuscolare,
visivo o attraverso analisi della risposta ad uno
stimolo elettrico non incideva in modo significativo
sul rischio, ma l'utilizzo dell'antidoto neostigmina
faceva crescere il rischio di dovere essere
reintubati.
Eikermann sottolinea il fatto che i pazienti con
complicazioni postoperatorie sono soggetti ad un
rischio di morte molto maggiore rispetto agli altri.
Eikermann conclude ricordando che sia farmaci
bloccanti che gli antidoti normalmente usati in
chirurgia hanno un ruolo molto importante, ma con un
campo di manovrabilità molto ristretto e possono
avere conseguenze indesiderate anche gravi sul
sistema respiratorio. Per rimediare a questo
problema il modo migliore sarà quello di utilizzare
dei bloccanti ad azione rapida e nuovi antidoti,
sviluppando nuove strategie per migliorare la
capacità di monitorare gli effetti in modo da dosare
con maggiore precisione i farmaci.
La lista dei co-autori è
nella pagina inglese di questa notizia.
Per maggiori informazioni
Massachusetts General Hospital
http://www.massgeneral.org/
( MDN )
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