Quando si parla di alimenti di qualità il malinteso
e l'ambiguità sono spesso la regola. All'EXPO di
Milano un'indagine della Doxa avverte che sugli
scaffali dei supermercati il futuro sarà sempre più
artefatto, con cibi sempre più industriali,
«Mangeremo sempre più pillole e ogm», sempre più
alghe, cibi provenienti da orti galleggianti nel
mare, e colture idroponiche.
Il tutto, per fortuna, accompagnato da una
tecnologia che promette di dirci in tempo reale,
prima ancora di arrivare alla cassa, da quale ettaro
preciso di terra viene quella mela, quanto
combustibile è servito per fare quella bistecca,
quanto colesterolo c’è in quella locusta.
Per fortuna! Come se queste fossero le cose
importanti per un alimento e non se contiene tutti i
nutrienti che dovrebbe contenere, se sapore, profumo
e consistenza sono quelli più buoni e se è privo di
veleni aggiunti che manderanno in confusione i
nostri ormoni, quelli dei nostri discendenti, i
sistemi immunitari degli uni e degli altri e così
via.
È questo il «Future District» che la Coop ha messo
su all’Expo per dirci come faremo la spesa domani.
Se questo è il futuro che desiderate sapete dove
potrete trovarlo.
E sono questi, parallelamente, i risultati di una
ricerca realizzata per Coop dalla Doxa con 6.400
interviste a italiani, tedeschi, inglesi, americani,
russi, cinesi, indiani e brasiliani tra i 18 e i 54
anni di età.
Mi permetto di dubitare che queste siano proprio le
preferenze dei popoli analizzati, tra i quali poi
non riesco curiosamente a trovare francesi e
spagnoli. Ma si sa, la scelta del campione e la
successiva generalizzazione dei risultati rendono
più facile la costruzione dei risultati finali.
Per fortuna, mentre qualcuno sogna di darci da
mangiare cibi sempre meno naturali, cresce
continuamente il numero delle persone che vogliono
mangiare bene, che vogliono conoscere, imparare
a distinguere e valutare le diversità tra i diversi
cibi, dalle varietà e gli utilizzi delle
diverse cipolle alle differenze tra un pesce
allevato malamente ed uno allevato bene, o uno
cresciuto selvaggio, con tutti i suoi profumi e
senza le puzze, con tutti i suoi componenti e senza
gli antibiotici e gli ormoni o le sostanze che ne
mimano gli effetti sull'organismo. Sempre più
persone preferiscono preparare ciò che mangiano
partendo dalle materie prime di base.
Una insalata cresciuta in coltura idroponica ha
sapore, consistenza e nutrienti diversi da una
cresciuta in Trentino, o una in Liguria, nella
pianura laziale o in Sardegna, dove le terre, le
acque e le arie sono diverse, così come i climi.
Sostenere che sono la stessa cosa significa negare
l'esistenza della biodiversità, oltre che
l'evidenza. Ma cosa non si farebbe per la pagnotta!
Marco Dal Negro
|