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Nanotecnologie: si studiano pericoli e soluzioni (04/03/2013)

 

Sono molte le preoccupazioni e le paure degli scienziati legate all'utilizzo delle nanotecnologie, che sta crescendo in modo esponenziale con prospettive enormi.

La struttura, per alcuni versi simile all'amianto, capace però di insinuarsi nell'organismo a livello cellulare, in modo ancora più profondo, date le nano-dimensioni più piccole, preoccupa sempre di più gli scienziati.
Da tempo è stato scoperto che la pericolosità è, in parte, legata alla lunghezza delle particelle, e che limitandola si dovrebbe limitare o eliminare il pericolo. Il condizionale è rigorosamente d'obbligo perchè non vi sono ancora dati ed esperienza sufficiente per avere certezze sulla sicurezza.

Un nuovo studio, pubblicato dal giornale Angewandte Chemie, sembra fornire una evidenza del fatto che la patogenicità e la reattività dei nanotubi lunghi, vergini, simili all'amianto, possa essere eliminata se se ne modifica lunghezza e la qualità della superficie con un trattamento chimico.

I nanotubi di carbonio descritti sotto un profilo atomico negli anni 90, sono dei fogli di atomi di carbonio arrotolati come dei tubi cavi, del diametro di pochi nanometri. Possono essere modificati chimicamente con l'aggiunta di farmaci, di marcatori fluorescenti o di acidi nucleici, aprendo la strada ad un nuovo modo di affrontare il cancro e la terapia genica.
Possono poi essere modificati in modo da agire come nano-aghi per forare la parete delle cellule, offrendo così un modo efficiente di trasportare agenti diagnostici e terapeutici direttamente all'interno del citoplasma della cellule.

L'altra faccia della medaglia è rappresentata dai timori che si sono diffusi a partire dal 2008, in seguito di numerosi esperimenti in laboratorio, riguardo al rischio di provocare il cancro, derivato dalla esposizione e dalla persistenza di queste fibre nel corpo.

In questo studio gli autori descrivono due differenti reazioni che pongono la domanda su quali trattamenti possano ridurre la tossicità di queste fibre. La risposta data è che solo le reazioni in grado di rendere i nanotubi corti e stabilmente sospesi in fluidi biologici, senza aggregazioni, possono renderli materiali potenzialmente senza rischi.

Il Professor Kostas Kostarelos, che è responsabile della nano-medicina alla UCL School of Pharmacy, e che ha diretto la ricerca con i suoi collaboratori da tanti anni il Dottor Alberto Bianco del CNRS di Strasburgo ed il Professor Maurizio Prato della Università di Trieste, spiega che l'analogia strutturale che c'è tra i nanotubi e l'amianto ha portato a proposte che ritiene irragionevoli, tendenti a fermare l'utilizzo dei nanotubi, anche in situazioni ben controllate e rigorosamente regolate. Per la prima volta vediamo ora che per rendere sicuri i nanotubi è necessario sottoporli sia ad un trattamento che li accorci, che a uno che risponda alla seconda condizione di renderli perennemente sospesi in fluidi biologici senza aggregazioni. E conclude sostenendo con forza che le nanotecnologie stanno ormai entrando a far parte della vita di tutti giorni ed è perciò necessario adottare strategie creative per renderle sicure.

Una domanda: ma perchè le nanotecnologie stanno già diventando parte della vita quotidiana, se è appena stato scoperto cosa si dovrebbe fare per renderle sicure? I primi a preoccuparsi sono stati e continuano ad essere scienziati e studiosi che si occupano proprio di queste cose.

(MDN)

 


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