Sono molte le preoccupazioni e le paure degli
scienziati legate all'utilizzo delle nanotecnologie,
che sta crescendo in modo esponenziale con
prospettive enormi.
La struttura, per alcuni versi simile all'amianto,
capace però di insinuarsi nell'organismo a livello
cellulare, in modo ancora più profondo, date le
nano-dimensioni più piccole, preoccupa sempre di più
gli scienziati.
Da tempo è stato scoperto che la pericolosità è, in
parte, legata alla lunghezza delle particelle, e che
limitandola si dovrebbe limitare o eliminare il
pericolo. Il condizionale è rigorosamente d'obbligo
perchè non vi sono ancora dati ed esperienza
sufficiente per avere certezze sulla sicurezza.
Un nuovo studio, pubblicato dal giornale Angewandte
Chemie, sembra fornire una evidenza del fatto che la
patogenicità e la reattività dei nanotubi lunghi,
vergini, simili all'amianto, possa essere eliminata
se se ne modifica lunghezza e la qualità della
superficie con un trattamento chimico.
I nanotubi di carbonio descritti sotto un profilo
atomico negli anni 90, sono dei fogli di atomi di
carbonio arrotolati come dei tubi cavi, del diametro
di pochi nanometri. Possono essere modificati
chimicamente con l'aggiunta di farmaci, di marcatori
fluorescenti o di acidi nucleici, aprendo la strada
ad un nuovo modo di affrontare il cancro e la
terapia genica.
Possono poi essere modificati in modo da agire come
nano-aghi per forare la parete delle cellule,
offrendo così un modo efficiente di trasportare
agenti diagnostici e terapeutici direttamente
all'interno del citoplasma della cellule.
L'altra faccia della medaglia è rappresentata dai
timori che si sono diffusi a partire dal 2008, in
seguito di numerosi esperimenti in laboratorio,
riguardo al rischio di provocare il cancro, derivato
dalla esposizione e dalla persistenza di queste
fibre nel corpo.
In questo studio gli autori descrivono due
differenti reazioni che pongono la domanda su quali
trattamenti possano ridurre la tossicità di queste
fibre. La risposta data è che solo le reazioni in
grado di rendere i nanotubi corti e stabilmente
sospesi in fluidi biologici, senza aggregazioni,
possono renderli materiali potenzialmente senza
rischi.
Il Professor Kostas Kostarelos, che è responsabile
della nano-medicina alla UCL School of Pharmacy, e
che ha diretto la ricerca con i suoi collaboratori
da tanti anni il Dottor Alberto Bianco del CNRS di
Strasburgo ed il Professor Maurizio Prato della
Università di Trieste, spiega che l'analogia
strutturale che c'è tra i nanotubi e l'amianto ha
portato a proposte che ritiene irragionevoli,
tendenti a fermare l'utilizzo dei nanotubi, anche in
situazioni ben controllate e rigorosamente regolate.
Per la prima volta vediamo ora che per rendere
sicuri i nanotubi è necessario sottoporli sia ad un
trattamento che li accorci, che a uno che risponda
alla seconda condizione di renderli perennemente
sospesi in fluidi biologici senza aggregazioni. E
conclude sostenendo con forza che le nanotecnologie
stanno ormai entrando a far parte della vita di
tutti giorni ed è perciò necessario adottare
strategie creative per renderle sicure.
Una domanda: ma perchè le nanotecnologie stanno già
diventando parte della vita quotidiana, se è appena
stato scoperto cosa si dovrebbe fare per renderle
sicure? I primi a preoccuparsi sono stati e
continuano ad essere scienziati e studiosi che si
occupano proprio di queste cose.
(MDN)
|