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Curare
le cause (2)
E’
essenziale, per comprendere e curare la depressione distinguere tra varie
diverse forme di in cui si manifesta a depressione. Ad ogni forma
corrispondono diverse problematiche e quindi diverse forme di cura e di
trattamento. Sebbene l’influsso della società si faccia sentire in ogni
forma di depressione, è possibile comunque distinguere un tipo ben
definito, in cui la causa sociale è quella determinante. Queste forme non
richiedono un trattamento perché dipendono essenzialmente dalle
caratteristiche della vita quotidiana nella società contemporanea.
Esistono
forme di depressione che sono indotte dalla società; sono le
caratteristiche della società contemporanea ad incidere profondamente
sull’equilibrio psicologico. Ad
esempio, i continui confronti con le immagini proposte dai
mass-media, la forte competizione presente nella vita quotidiana e la
necessità che spinge le persone a dovere ricoprire diversi ruoli per
mantenere un livello ottimale di autostima, costituiscono situazioni in
cui si può manifestare la depressione come effetto di una vita che è
divenuta quasi come un lavoro forzato. In questi casi, il vero malato è,
in un certo senso, la società, non la persona. In questi casi, è
importante rendersi conto che la persona ha dei suoi ritmi di lavoro e di
impegno ottimali, che non possono essere forzati; e in questi casi, la
depressione si presenta come la ribellione inconsapevole, affettiva e non
razionale, nei confronti di un regime di vita insoddisfacente, a cui si è
aderito in modo meccanico.
Esiste
una depressione che invece manifesta un malessere profondo,
dipendente da problemi interni alla persona e che, in quanto tale, non
va sottovalutata. In questi casi, la depressione sorge come
l’effetto di una incapacità ad orientare la vita in funzione delle
proprie passioni; le persone che si riconoscono in questo tipo di
depressione, riconoscono facilmente di avere spesso fatto delle scelte
condizionate dal giudizio e dalla volontà degli altri, cioè di avere
agito contro i propri veri desideri. Talvolta addirittura, può emergere
chiaramente che la persona, in un dato momento della propria vita, ha
abbandonato inspiegabilmente una propria passione, per lasciarsi scivolare
entro una dimensione di routine e di apparente soddisfazione.
Ripensandoci, non di rado la persona può riconoscere che ha sempre avuto
un velo di tristezza, di cui la causa è sempre rimasta oscura.
In
questi casi, la causa della depressione c’è, è interna alla persona,
ma sfugge alla sua coscienza. La
depressione, cioè, dipende in questi casi da cause che sono presenti ma
che sfuggono alla coscienza e quindi alla capacità di riflessione e di
critica che è propria della coscienza.
Queste
cause consistono in giudizi su di sé che in genere contengono pesanti
auto-accuse. Finché il soggetto si auto-accusa non può certo affrontare
la vita nel migliore dei modi e quindi è necessario che egli, divenendo
consapevole delle auto-accuse le risolva con la riflessione e con la
propria capacità critica.
La
cura allora, individuale o di gruppo, consiste nell’allargare la
propria capacità di riflessione e la propria consapevolezza. Si
tratta cioè di iniziare a rivolgere l’attenzione ad aspetti della
propria personalità e della propria vita a cui fino a quel momento non si
aveva prestato attenzione. In questo modo si arricchisce la propria
coscienza. Da una parte infatti la coscienza stessa, come capacità di
prestare attenzione a sé stessi, diventa più sensibile, più elastica e
più ampia; dall’altro lato diventa meno giudicante rispetto alla
persona. In questo modo processo ognuno può imparare a vedersi come è, a
conoscersi, a comprendersi con più rispetto e con più stima. E’ il
proprio Sé che diventa l’unità di misura della propria vita, non gli
ideali sociali.
Allargare
la propria capacità di riflessione significa fare spazio dentro di sé ai
vissuti che non si vogliono provare. Significa anche ammettere quei
pensieri e quelle fantasie che sono state sempre rifiutate. Significa cioè
oltrepassare il piano del rifiuto e cercare una conoscenza di sé
autentica.
Allargare
la propria capacità di riflessione è quindi acquisire un nuovo modo di
pensare su di sé e sul proprio futuro, acquistando una capacità
decisione e progettuale che non si avevano fino a quel momento.
Allargare
la propria capacità di riflessione significa anche scoprire che nei
propri pensieri non c’è nulla di temibile; l’unico problema di un
pensiero è quello di non poterne parlare e di non poterli pensare.
In
questo modo si impara come si è veramente; si impara che in alcune
situazioni si soffre e non serve a nulla fingere che non sia così. In
questo modo si impara a tenere conto della propria sofferenza e si impara
a mettere un limite al proprio masochismo. Con una consapevolezza più
ampia, infatti, si ristabilisce anche, immediatamente, il senso del
proprio valore, assieme alla capacità di fare valere i propri diritti
nelle situazioni relazionali, di lavoro o affettive, che riempiono la vita
di tutti i giorni.
Importanza
dell’infanzia
Nel
processo di autoriflessione ripercorrere la propria storia personale, cioè
ripensare ai legami affettivi della propria vita, a partire da quelli
dell’infanzia, cioè ai legami con la propria famiglia di origine.
Può
sembrare strano che una persona adulta debba ripensare alla propria
infanzia; in realtà effettivamente non si riduce tutto a questo, ma senza
dubbio l’infanzia è il momento che più incide sugli atteggiamenti che
si assumerà nella propria vita.
Per
una persona ripensare ad una parte della propria vita così lontana può
sembrare privo di utilità; spesso questo sentimento di inutilità è
dovuta all’idea che la propria infanzia sia stata del tutto aderente ad
uno standard di normalità e che quindi non debba richiedere una
riflessione.
E
questo è in parte vero, perché ciò da cui la persona depressa può
trarre giovamento non è certamente il sentirsi giudicata sulla propria
vita; né si tratta di portare persona a scoprire chissà quali
"cadaveri nell’armadio". in realtà questo ripensare al
passato, costituisce un modo per appropriarsi della propria vita, per fare
uscire dall’anonimato i fatti che hanno inciso sulla propria vita, anche
se possono sembrare simili ai fatti della vita di tutti.
In
genere la depressione è, infatti, radicata nell’infanzia, in una
atmosfera di sfiducia verso di sé. La persona depressa è stata un
bambino che non ha creduto nella forza dei desideri; è stato l’ambiente
familiare che non lo ha sostenuto e incoraggiato. Si tratta di bambini che
hanno vissuto in una sorta di deserto di passioni, abbandonati quando
studiavano o quando esercitavano qualche altra attività in cui
l’apprezzamento dei genitori è fondamentale. In questi casi, dunque, la
cura deve toccare l’infanzia e cercare di sollevare un velo che nasconde
tutto quel mondo di passioni e di vissuti negati fino a quel momento. E’
per questa ragione che la persona deve attraversare, come in un viaggio, i
sentimenti che lo legano e lo hanno legato, nella sua vita, alle figure
importanti della propria famiglia, in primo luogo il padre e la madre.
(Dott.ssa
Silvia
Cavalli, Dott. Luigi Colombo
e Dott. Uberto Zuccardi Merli)
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