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Andare
dallo specialista
"Andare da uno specialista può essere un passo difficile, faticoso e con molte conseguenze emotive.
Nel senso comune è considerato normale che chi sta male, chi soffre nel corpo, si rivolga ad un medico. Dal medico ci si attende un aiuto per venire a capo della propria sofferenza.
Non è però la stessa cosa se il "male" di cui si soffre non è così facilmente circoscrivibile, delimitabile, "oggettivabile" mediante una strumentazione diagnostica.
La sofferenza psichica coinvolge l'individuo nel suo più intimo essere e può mettere a repentaglio l'equilibrio stesso del suo rapporto col mondo.
A causa della natura psicologica, spirituale del proprio male, chi soffre di depressione può incontrare una certa "incomprensione" in coloro che lo circondano. Questo in molti casi raddoppia la sofferenza e rende più acuto il distacco fra sé e il resto del mondo, approfondendo la solitudine.
Quindi, da un lato, almeno in certi momenti, il rivolgersi a qualcuno "che ne sappia" è fantasticato come una soluzione che possa finalmente fare uscire da quella condizione così stagnante, così apparentemente priva di un orizzonte di speranza, che è caratteristica della depressione.
Dall'altro, il momento della consultazione è visto come l'ammissione a sé stessi, e agli altri, dell'esistenza del problema. In realtà ognuno, in queste condizioni, si domanda quale sia la fonte delle sue difficoltà. E, in fondo, sa - pur se gli è estremamente difficile ammetterlo - che queste difficoltà riguardano la parte più profonda di ciascuno.
Che questo problema si presenti nella forma di una inibizione, di una depressione marcata, di una insoddisfazione generalizzata per le cose della propria esistenza, di una ansia pervasiva o di una angoscia ripetutamente sperimentata, ad esempio il timore di malattie incurabili, rimane comunque carico di enigmi.
Venendo ad incontrare qualcuno, uno psicoanalista ad esempio, ci si può sentire stretti nell'imbarazzante ruolo del "malato".
Un malato, però, dalle caratteristiche particolari. Se ci si rivolge allo psicologo, allo psicoanalista, si teme di avere problemi "solo di "testa", cioè si è vittima del pregiudizio che non sia il caso di dare retta ai propri sintomi quando questi non possiedono quella "visibilità" che lo sguardo medico esige.
Lo si consulta, allora, con una sorta di "vergogna", come se non si fosse in diritto di farlo. Ci si sente come uno che le ha provate tutte e si trova davanti all'ultima spiaggia. Può esserci un che di "disperato" nella domanda di aiuto rivolta alla psicoanalista.
Eppure quando questa domanda giunge a superare tutte le resistenze di cui sopra, quando riesce a formularsi apertamente e il passo della consultazione è fatto, allora veramente si può dire che un individuo che soffre si apre ad una speranza.
Nella disperazione che a volte accompagna la richiesta di un consulto c'è la speranza più feconda: quella di chi trova in sé la forza di non arretrare di fronte agli interrogativi essenziali che riguardano la propria esistenza."
(Dott.Graziano
Senzolo)
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