Badmarsh&Shri
L'intervista
Il
suono evoca luoghi lontani. Chi ascolta si sente accompagnato in
cielo e poi riportato giù, con violenza, nel caos della vita.
Così il duo di origini indiana ma ormai brit di adozione la
loro base è nel quartiere più trendy e creativo del momento,
East End ha concepito Signs edito dalletichetta
Outcaste.
Una coppia che si compensa, a
favore di un genere che si ispira allasian underground ma in un
certo senso pretende una personalità propria. Multistrumentista
è Shri che ha studiato per anni a Bombay prima di spiccare il
grande volo verso la patria della musica innovativa; dj è invece
Badmarsh (in hindi significa pecora nera), indiano di
seconda generazione a Londra, con una vita sempre di corsa tra lo
studio e i club. Un Hanif Kureishi della musica: parla inglese
perché è la lingua con cui è cresciuto ma ha vissuto lintegrazione
della famiglia in arrivo dalle ex colonie della corona.
Insieme
formano un duo inossidabile, capace di dare vita a migrazioni
sonore che partono dallestremo Oriente e si insinuano allinterno
di campionatori e macchinari sofisticati. Su tutti veleggia il
sitar indiano.
A
Milano Badmarsh&Shri sono arrivati per raccontare la genesi
del loro album, nato dopo una lunga gestazione.
Signs
può essere considerato un album concept ?
<Assolutamente,
così è stato inteso. Il messaggio di Signs è vivere la
realtà seguendone i segnali che incrociamo ogni giorni; alla fine
sono come cartelli stradali che indicano le direzioni, basta solo
seguirli. La vita è unesperienza, e, in senso metaforico, unesperienza
quindi di musica>
Ascoltare
le undici tracce, ognuna delle quali fortemente caratterizzata, è
come compiere un viaggio: quale, nelle vostre intenzioni?
Badmarsh:
<E un viaggio ideale, un viaggio della mente iniziato in
studio, non necessariamente legato a luoghi fisici. Certo si
possono trovare echi e vibrazioni da ogni parte del mondo dallHimalaya
ai ritmi urban a molto britannici>
La
nascita di Signs è parsa laboriosa: dopo un anno non avete
esitato ad ammettere di esservi sentiti persi, e ne è trascorso
un altro ancora
Shri:
<Sì, in effetti la prima composizione è nata distinto, poi
ci siamo resi conto di aver perso i riferimenti. E vero che
siamo stati impegnati entrambi con progetti singoli, ma è stato
necessario molto tempo per capire ciò che volevamo davvero. Laspetto
più stimolante è senza dubbio che è stato un lavoro collettivo.
Dal primo progetto allultimo ci sono state molte modifiche. Un
esempio: per le percussioni abbiamo scritto la musica in dieci
giorni poi, piano piano, sono diventati mesi! Tuttavia sono questi
due anni passati così velocemente che non ce ne siamo resi
conto.>
Che
cosa ha significato lavorare con Nitin Sawhney?
Shri:
<Quando sono arrivato a Londra, nel 94, ero molto spaesato
ma avevo voglia di sperimentare. Avevo studiato molto a Bombay,
ma..ero abbastanza stufo! Suonavo anche con i Black Sabbath e i
Metallica, ma cercavo una musica che fosse più mia, con
molta anima. Nitin è stata una vera guida per me: mi ha
introdotto al basic della nuova musica made in Uk. Abbiamo
lavorato insieme cinque anni, e mi ha prodotto Drum the bass>
Signs
non è solo un album dance, a quanto pare...
Non
è solo un album dance in fatti, ma anche piacevole da ascoltare.
Se vuoi ti fa saltare in piedi, ma puoi anche ascoltarlo in
poltrona. Quello che è importante è che ci sono pulsazioni,
vibrazioni e che si percepisca lo spirito dellalbum.>
I
suoni etnici miscelati alla tecnologia sono di gran moda. Che ne
pensate?
Shri:
<Non facciamo musica perché è di moda un genere o un altro,
non ne abbiamo bisogno per quello che vogliamo comunicare. Il
nostro scopo è fare musica che, certamente, possa durare il
maggior tempo possibile, e cerchiamo di fare tutto questo
onestamente>
Allinterno
del cd si può vedere una testa bifronte, con i vostri profili.
Anche questo ha un significato?
Shri:
<A me piace molto Mirò e abbiamo pensato di puntare molto sui
colori>
Badmarsh:
<Sì, in effetti la testa bifronte ricorda le figure
mitologiche, ma è simbolo della musica che nasce dalle nostre
diverse ma compatibili esperienze>
Tra
i ringraziamenti ce nè uno singolare: due signori che
avrebbero sopportato per ore musica impazzita!
Shri:
<Abbiamo registrato in una casa dove, al piano di sopra,
vivevano delle persone molto simpatiche e tolleranti, data anche letà,
più di 60 anni. Erano però giovani nellanimo. Dicevano sempre
di non capire nulla di questa musica, anche se tutto sommato gli
piaceva!>
Signs
ospita anche altri artisti. Da dove cominciamo?
Badmarsh:
<Uk Apache è una vera forza, un talento di energia che ci
accompagna anche nei tour>.
Shri:
<Gli String of Bombay in realtà non esistono, li ho chiamati
io così per indicare i musicisti che suonano gli archi. Poi cè
mio padre, che suona il sitar in Appa. Della voce di Kathryn
Williams ci siamo innamorati subito, appena labbiamo
sentita>
Londra,
in particolar modo, offre artisti innovativi che, in molti casi,
non sono inglesi. Come pensate che tutto questo venga recepito?
Badmarsh:
<Lo devono accettare! Del resto ora è la nostra casa e
indubbiamente gli immigrati e chi arriva dalle ex colonie porta
aria più fresca che altrove. Ogni artista porta i sentimenti
della propria comunità, più colorata, con una varietà di
spezie. Non cè solo il bianco e il nero>
Quali
sono i progetti che avete in corso di lavorazione?
Badmarsh:
<Ho appena terminato un album di remix per Dissident Project, e
proseguo con le serate nei club>
Shri
<Ho composto musica per teatro e al tempo stesso sto producendo
la cantante argentina Marie Claire Dubaldo. In Italia è stata
molto popolare con The rythm is magic, anni fa>.
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