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Scoperto come bloccare l'azione del batterio Clostridium difficile senza distruggere tutta la flora intestinale (21/10/2015)

Si è scoperto che un composto non antibiotico già in uso per altre patologie blocca l'azione del batterio Clostridium difficile senza distruggere la flora batterica intestinale amica.

Il batterio intestinale Clostridium difficile è di quelli resistenti a molti antibiotici, può essere particolarmente pericoloso, anche letale, specialmente per chi ha un sistema immunitario indebolito.
La terapia antibiotica normalmente utilizzata è violenta su tutta la flora batterica intestinale che distrugge in modo indifferenziato, eliminando anche i batteri indispensabili al metabolismo e, soprattutto, al funzionamento del sistema immunitario. In questo modo, purtroppo, si chiude in modo perverso il circolo aperto all'inizio di questo paragrafo: sistema immunitario debole, sviluppo selvaggio del Clostridium difficile, antibiotici violenti, distruzione batteri necessari per il sistema immunitario che si indebolisce ancora di più.

Questo stato di cose ha portato gli scienziati della Stanford University School of Medicine a cercare alternative migliori agli antibiotici per combattere il Clostridium difficile.
Nel corso dello studio sul Clostridium difficile, realizzato sui topi, è stato utilizzato anche l'ebselen, un farmaco già sottoposto a trial clinici umani per altre patologie.
I risultati, già pubblicati, rappresentano la prima dimostrazione della capacità di una piccola molecola di depotenziare il Clostridium difficile senza produrre i danni collaterali causati dagli antibiotici.

 

Il principale autore dello studio, Matthew Bogyo, PhD, professore di patologia, microbiologia ed immunologia, spiega che, contrariamente a quanto avviene con gli antibiotici - che sono sia la cura di primo intervento del Clostridium difficile che, paradossalmente, la prima causa - questa molecola non uccide i batteri, ma rende inefficace una tossina prodotta dal Clostridium difficile, prevenendo così l'infiammazione ed il danno intestinale e permettendo il ripopolamento da parte dei batteri utili, che sono stati decimati dai precedenti cicli di antibiotici e dai cambiamenti nella flora prodotti dal Clostridium difficile stesso.

Il co-autore dello studio Justin Sonnenburg, PhD, professore di microbiologia e di immunologia, pioniere nella ricerca sui trilioni di batteri che costituiscono la flora batterica intestinale, aggiunge che il batterio Clostridium difficile è presente nella flora di almeno una persona su 20, forse di più, dove normalmente non crea danni, tranne nelle persone con un sistema immunitario indebolito dall'età, dalla chemioterapia o dagli antibiotici, nelle quali modifica proprio la flora danneggiando l'intestino.
Oltre a ciò il Clostridium difficile è in grado di disidratarsi e condensarsi sotto forma di spore, longeve e difficili da eliminare. Le peggiori infezioni da Clostridium difficile hanno origine negli ospedali e nelle strutture di lungodegenza.

In 1/4 dei pazienti con infezione da Clostridium difficile, poi, l'infezione riesplode nonostante gli antibiotici, che, quando questo succede, riescono ad eliminare il problema solo nel 25% dei casi. Il 7% circa delle persone colpite da infezione da Clostridium difficile muore entro 30 giorni dalla diagnosi.

Nei casi più problematici di infezione da Clostridium difficile viene usata anche la terapia del trapianto fecale, ma la presenza di batteri provenienti da altre persone può creare ulteriori problemi.

Un discreto approfondimento sul percorso che ha portato gli scienziati a scegliere di cercare come inibire le tossine invece di uccidere i batteri e ad identificare l'ebselen, è presente nella pagina in inglese di questo articolo.

Per saperne di più
A small-molecule antivirulence agent for treating Clostridium difficile infection
Science Translational Medicine 23 Sep 2015:
Vol. 7, Issue 306, pp. 306ra148
DOI: 10.1126/scitranslmed.aac9103

Stanford University School of Medicine

Marco Dal Negro

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