E' stato trovato un modo per limitare e forse eliminare la necessità di farmaci antirigetto in caso di trapianto di fegato.
Le conseguenze di questa scoperta potrebbero rivoluzionare la vita di decine di migliaia di persone.
Quando si rende necessario sostituire il fegato, è difficile
trovarne uno perfettamente compatibile, ed essendo un corpo estraneo diventa necessario seguire terapie antirigetto per il resto della vita.
Questa pratica rende l'organismo più soggetto alle infezioni ed incrementa il rischio di diabete, cancro ed altri problemi.
Piccoli studi americano
finanziati dai National Institutes of Health (NIH), hanno trovato che iniettando nel paziente midollo del donatore si possono creare le condizioni per sospendere le terapie antirigetto.
Il midollo è dove si creano le cellule staminali che servono a generare cellule del sistema immunitario.
In alcuni pazienti questa tecnica ha generato, temporaneamente, un sistema immunitario chimera, cioè con
caratteristiche di ambedue le persone, portando i riceventi a sopportare meglio il trapianto
ed a sopravvivere senza farmaci.
Nel nuovo studio, un gruppo di
ricercatori diretti dalla Dottoressa Suzanne Ildstad della University of Louisville,
ha lavorato per allungare i tempi di questo chimerismo. Gli organi impiantati erano poco o per nulla compatibili con i riceventi. La ricerca è stata finanziata, in parte, dal National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases (NIDDK), parte dei National Institutes of Health (NIH).
Otto pazienti sono stati sottoposti a chemio e radioterapia pre-operatoria per abbattere temporaneamente il loro sistema immunitario.
Un giorno dopo il trapianto i pazienti hanno ricevuto un cocktail di cellule del midollo osseo del donatore. La mistura non
comprendeva solo cellule staminali per fare sangue, ma anche rare cellule staminali che
ne facilitassero l'inserimento.
Si ritiene che queste cellule, isolate per la prima volta da Suzanne Ildstad 20 anni fa, facilitino l'installarsi delle cellule estranee.
I ricercatori hanno anche rimosso cellule del sistema immunitario del donatore che avrebbero potuto attaccare il ricevente, in quanto, per loro, estraneo. Questo tipo di attacco non è raro nei trapianti di midollo osseo e porta complicazioni, a volte, mortali.
Come riportato sul numero del 7 marzo 2012 di Science Translational Medicine, un mese dopo il trapianto tutti e 8 i pazienti avevano nel sangue cellule del sistema immunitario derivate da quelle del donatore.
A un anno di distanza, 5 degli 8 pazienti avevano ottenuto un chimerismo duraturo con la presenza di cellule immunitarie del donatore.
Da allora i pazienti hanno smesso i farmaci immunosoppressori e gli organi trapiantati hanno continuato ad essere in buona salute.
Nessun paziente ha avuto aggressioni da parte delle cellule immunitarie del donatore.
Il Dr. Joseph Leventhal del Northwestern Memorial Hospital, co-autore dello studio, conclude sottolineando che i risultati indicano che, affinando la tecnica, questa potrebbe essere applicata alla maggior parte dei trapianti di organi solidi.
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National Institutes of Health (NIH)
(Marco
Dal Negro)
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