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Expo, cibo, i prodotti del territorio e le eccellenze che non eccellono: difendiamo quelle vere (13/05/2014)

Non è vero che frutta e verdura da culture idroponiche sono uguali a quelle coltivate nei terreni di origine, né per sapore, né per profumo, né per gusto né per contenuto di nutrienti.
Si potranno forse paragonare a quegl'insulsi prodotti da serra che troviamo nella maggior parte dei supermercati tutto l'anno, senza né il sapore, né il gusto, né il profumo di quelli che vorrebbero sostituire. Possono piacere ma non hanno nulla a che fare con quelli veri, maturati nella stagione in cui devono maturare, al sole e all'aria, non in serra, nella loro terra con tutti i suoi componenti.

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Il discorso vale per tutti i vegetali che vengono da aree geografiche con caratteristiche peculiari, tipiche di quei posti, che hanno dato loro quelle caratteristiche per cui molti hanno detto: "Oh, che buono!".
E' chiaro anche al più sprovveduto che cambiando le condizioni in cui le piante ed i frutti sono cresciuti e maturati cambiano anche le caratteristiche finali, non è difficile capirlo.
Per cui tanta enfasi su prodotti che, un volta erano pregiati, ora serve solo da un punto di vista economico, nobilissimo intento se non ci prendiamo in giro, perché i prodotti sono diversi e non hanno più le caratteristiche per cui sono diventati famosi.

Ma anche il pubblico è cambiato e non sa assolutamente nulla della qualità originale, per cui se diciamo che questo prodotto è un'eccellenza, beh, ci crede. Ma cancellare dalla storia e dalla conoscenza le vere prelibatezze, le eccellenze che potrebbero veramente dare ritorni economici a tutta la penisola rimane un vero delitto.

Un esempio per tutti, prendendo spunto da due articoli del quotidiano nazionale Il corriere della sera.
Nel primo articolo ('Acquistare pesce e verdura sui tetti con l’acquaponica') si parla con una certa ammirazione della bella idea di fare culture idroponiche, cioè in sola acqua, senza terra, aggiungendo alcuni nutrienti necessari, e approfittando di un concime naturale derivato dagli escrementi dei pesci che si stanno coltivando. E' sicuramente una buona idea, ma certo quei pesci poco o nulla avranno a che fare con quelli cresciuti in natura, non allevati, che si sono nutriti di quello che hanno trovato ed hanno vissuto in acque forse migliori e forse con una varietà di sostanze nutrienti ben diversa e lo stesso vale per le verdure coltivate assieme.

Nel secondo articolo ('Lombardia: la Pedemontana mette a rischio l’asparago rosa'), assolutamente slegato dal primo, si spiega che in un'area vicino a Monza si produce un asparago particolare, rosa, che prende il colore dalla terra e dall'argilla che ne è contenuta che ne caratterizza anche le altre qualità organolettiche, e che per qui terreni si vuole far passare la strada pedemontana che sacrificherebbe buona parte di questa rara e limitata coltivazione.
Diamo subito per scontato che è non ci stupisce che chi coltiva un prodotto particolare di cui vive non voglia vedere perso il proprio lavoro, la propria terra ed i riconoscimenti che ne conseguono, ma probabilmente è vero che quell'asparago è così perché è coltivato lì. Così come i capperi di Pantelleria coltivati in serra a Bergamo probabilmente non sarebbero uguali, perché a Pantelleria quella particolare specie di cappero si è modificata nei secoli adattandosi all'ambiente, che vuol dire a quella terra vulcanica a quell'aria carica di sostanze sospese, a quel sole, con quel irraggiamento e a quelle piogge. Come il formaggio prodotto con il latte di mucche che stanno al pascolo in montagna, latte di cui producono 16 o 18 litri al giorno e che non potrà mai essere uguale al formaggio prodotto con latte di mucche in batteria, a produzione intensiva di 50 o più litri al giorno, allevate con mangimi industriali e riempite di farmaci e di antibiotici di tutti i tipi (a norma di legge ovviamente).

E questo vale per tutti i prodotti che hanno subito metamorfosi di questo tipo, dai prosciutti famosi ai formaggi, alla frutta, la verdura, il pesce...

Tutti questi prodotti vanno benissimo e sono, per molti, buonissimi, creano reddito per molte famiglie, ma, per favore, smettiamola di chiamarli "eccellenze", perché al massimo sono "eccellenze" quanto lo sono i nostri parlamentari.

Se vogliamo far conoscere al mondo ed esportare la qualità dei prodotti del nostro bel paese, facciamolo, ma sul serio, senza prenderci in giro.

PdP


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