Buone notizie dalla ricerca sulla sclerosi multipla:
i ricercatori hanno sviluppato una tecnica
innovativa in grado di bloccare il sistema
immunitario in modo selettivo.
I ricercatori, finanziati dagli statunitensi
National Institutes of Health hanno trovato il modo
di fermare l'azione del sistema immunitario in
ambiti circoscritti, in questo caso il sistema
immunitario smette di attaccare la mielina che
ricopre i nervi permettendo ai segnali nervosi di
comunicare come necessario, lasciando inalterate le
difese dell'organismo nei confronti di tutte le
altre aggressioni.
Le malattie autoimmuni si manifestano quando i
linfociti T, che operano all'interno del sistema
immunitario, si sbagliano ed attaccano tessuti del
nostro corpo come fossero estranei da eliminare.
Le attuali cure per le malattie autoimmuni
richiedono l'utilizzo i farmaci immunosoppressori
che bloccano l'intera attività del sistema
immunitario, ma lasciano la persona sguarnita nei
confronti degli agenti esterni che creano infezioni
e la espongono a maggiori rischi di tumori perchè
normalmente il sistema immunitario riconosce ed
elimina le cellule degenerate che si trovano
nell'organismo.
Con il supporto del National Institute of Biomedical
Imaging and Bioengineering (NIBIB) presso gli NIH,
National Institutes of Health, i dottori Stephen
Miller e Lonnie Shea della Northwestern University,
Evanston, hanno formato un gruppo di lavoro con
ricercatori della University of Sydney, e della
Myelin Repair Foundation di Saratoga, Calif. per
riuscire a trovare una nuova via per inibire solo
una parte dell'azione del sistema immunitario.
La nuova ricerca ha sfruttato un naturale sistema di
salvaguardia dell'organismo, grazie al quale i
linfociti T riconoscono, e quindi non aggrediscono,
le parti sane del corpo da difendere. I risultati
sono pubblicati sull'edizione online del 18 novembre
2012 di Nature Biotechnology.
Uno dei questi meccanismi naturali comporta
l'eliminazione delle cellule morenti, o già morte,
del corpo. Semplificando, quando una cellula muore
rilascia sostanze chimiche che attirano alcune
cellule specifiche del sistema immunitario chiamate
macrofagi. Questi inglobano le cellule morenti,
vanno nella milza dove consegnano ai linfociti T
degli auto-antigeni, che sono piccole porzioni di
proteine delle cellule morenti.
Per evitare che vengano attivate reazioni
automatiche da parte dei linfociti T, i macrofagi
iniziano una repressione di ogni linfocita T in
grado di legarsi con gli auto-antigeni.
Il Dr. Miller è stato il primo a dimostrare che
abbinando uno specifico anti-antigeno come la
mielina ad una delle cellule apoptotiche si può
inserirsi in questo meccanismo naturale che sopprime
i linfociti T che normalmente avrebbero attaccato la
mielina.
I ricercatori hanno impiegato decenni per dimostrare
che riuscivano a generare antigeni per specifiche
azioni del sistema immunitario, in diversi modelli
di malattie autoimmuni animali e di recente hanno
iniziato una verifica clinica preliminare con dei
collaboratori in Germania, per verificare la
sicurezza dell'iniezione di cellule apoptotiche
legate ad antigeni in pazienti con sclerosi
multipla.
La verifica è riuscita dimostrando che l'iniezione
era sicura, ma allo stesso tempo è emerso un altro
problema legato all'utilizzo di cellule come veicolo
per trasportare l'antigeno: la terapia cellulare è
estremamente costosa perchè richiede un grande
centro medico con la capacità di isolare i linfociti
T del paziente in condizioni sterili, per
reimmeterle nel paziente accoppiate all'antigene. E'
una procedura molto costosa, difficile e che
richiede molto tempo.
A questo punto inizia la collaborazione con il Dr.
Shea, un bioingeniere della Northwestern University,
per discutere la possibilità di sviluppare un
surrogato delle cellule apoptotiche. Dopo aver
provato diverse formulazioni, il suo laboratorio ha
legato, con successo, gli antigeni richiesti con
delle microscopiche particelle biodegradabili che
facevano prevedere che sarebbero state prese dai
macrofagi circolanti, così come avviene per le
cellule apoptotiche.
E così è avvenuto. Quando sono state testate nel
laboratorio del Dr. Miller le particelle legate
all'antigene hanno funzionato, nei modelli animali,
bene se non meglio, nell'indurre tolleranza.
Utilizzando, poi, particelle legate alla propria
mielina nei loro modelli con i topi, i ricercatori
sono riusciti a prevenire l'insorgenza della
sclerosi multipla e ad inibirne la progressione
iniettando immediatamente dopo il primo segno di
sintomi clinici.
il gruppo dei ricercatori conta ora di iniziare la
fase I dei trial clinici utilizzando questa nuova
tecnologia. Il materiale utilizzato per preparare le
particelle è già stato approvato dalla U.S. Food and
Drug Administration ed è già normalmente utilizzato
per per le suture riassorbibili così come in altri
trial clinici per trasportare agenti antitumorali.
Miller ritiene che la facilità di produzione e la
sicurezza di queste particelle possano aprire la
strada per portare quanto scoperto nella pratica
clinica.
Oltre che per la sclerosi multipla, poi, la tecnica
potrebbe essere utilizzata per affrontare altre
malattie autoimmuni come il diabete di tipo I e
delle specifiche allergie alimentari, nonché nelle
situazioni legate ai trapianti. La strada è aperta e
le possibili applicazioni potrebbero essere davvero
molte.
Per saperne di più
http://www.nih.gov
( MDN )
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