Il
giro di vite climatico del prossimo El Niño, la
corrente oceanica calda e periodica che parte
dall'Oceano pacifico, ha già cominciato a dare i
primi segnali nella grande barriera corallina
australiana, la più estesa del mondo. L'alterazione
si è manifestata in coincidenza con l'aumento della
temperatura delle acque fin dai primi mesi
dell'anno, e secondo i climatologi raggiungerà il
suo picco massimo nel prossimo inverno.
Sulle avvisaglie biologiche del fenomeno c'è poco da
equivocare: i pigmenti delle alghe microscopiche che
vivono nei tessuti dei polipi idrozoi (il gruppo
zoologico che forma i coralli) diminuiscono a vista
d'occhio, facendo impallidire le vivaci scogliere
tropicali dell'Australia. "Al momento è impossibile
fare una stima dell'impatto della perturbazione, ma
temo che quando tutto sarà finito avremo perduto la
maggior parte del patrimonio corallino del Pacifico
meridionale", denuncia Terry Done, responsabile
scientifico dell'Istituto australiano di scienza
marina.
I pareri più autorevoli concordano sul fatto che si
tratti di una vera recrudescenza di ciò che i
biologi marini chiamano bleaching (sbiancamento). La
malattia ecologica è nota dalla fine del XIX secolo
e un tempo veniva considerata molto rara, ma negli
ultimi vent'anni la sua comparsa si è fatta cronica
anche a causa di El Niño, la cui violenza crescente
sembra attribuibile al fenomeno più generale del
riscaldamento del pianeta.
Per le barriere coralline, la crescita della
temperatura ambientale è una condizione assai
critica, perché i polipi non resistono agli stress
termici. Quando l'acqua si scalda oltre i 28 gradi,
i minuscoli animali che vivono nell'impalcatura
calcarea da essi stessi prodotta espellono le alghe
che ospitano nell'organismo, e i coralli sbiancano.
Se l'alterazione termica è limitata nel tempo il
malanno regredisce senza lasciare esiti. Ma se il
riscaldamento si protrae l'intera colonia di idrozoi
muore di fame, priva dei nutrienti (zuccheri e
aminoacidi) forniti dal metabolismo delle alghe.
Secondo Thomas Goreau, del Programma per l'ambiente
dell'ONU, la temperatura della barriera australiana
si è mantenuta due gradi al di sopra di quella
normale fra gennaio e marzo 2002, un periodo più
lungo di quello che quattro anni fa ha devastato i
coralli dell'Oceano indiano. Si corre quindi il
rischio che anche in Australia venga compromessa la
salute della fitta comunità biologica che poggia sul
sistema corallino.
Fonte: Zadig
Su questo argomento
vedi anche:
Una nuova speranza per le barriere coralline
Barriere coralline a rischio
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