La prima storia è quella degli inceneritori di
Monaco di Baviera che, qualche anno fa, hanno perso,
nel confronto con il riciclaggio, con un netto 2 a
1.
In base ai documenti forniti dall'Ufficio per la
Gestione dei Rifiuti della città di Monaco, nella
capitale bavarese, in solo otto anni, la produzione
di rifiuti si è ridotta del 60 %, anche grazie al
riciclaggio che, in questo stesso periodo è passato
da 150.000 tonnellate l'anno a 350.000 tonnellate. A
farne le spese è stato l'inceneritore di Monaco Sud
che, il 31 Dicembre 1997, è stato chiuso
definitivamente. A dir la verità, anche
l'inceneritore superstite, quello di Monaco Nord,
non gode di buona salute: è sovra-dimensionato
rispetto alla produzione residua di rifiuti degli
abitanti di Monaco (1.300.000 persone). Per fortuna,
in suo soccorso è arrivato un contratto con le
regioni limitrofe che hanno garantito all'impianto
una boccata di "ossigeno": 70.000 tonnellate l'anno
di rifiuti!
Ma ad aver fame di rifiuti non c'è solo il
superstite inceneritore di Monaco; la passione per
il riciclaggio che ha travolto i tedeschi, da
qualche tempo ha messo a "stecchetto" molti altri
impianti.
Nel numero d'Ottobre del 1996, Newsweek scrive:
"Negli anni '80, la fobia dei tedeschi nei confronti
dei rifiuti, indusse i governi locali a costruire
grandi impianti di smaltimento rifiuti che oggi
costano una fortuna ai contribuenti solo per essere
tenuti aperti. Ad esempio, una città di medie
dimensioni come Augusta, in Baviera, ha speso 520
milioni di dollari per costruire un sofisticato
inceneritore che ora è un disastroso elefante
bianco."
Forse sarebbe opportuno rileggere alla luce di
queste informazioni la tanto deprecata scelta di
risolvere l'emergenza rifiuti della Regione Campania
inviando i suoi rifiuti, via treno, negli
inceneritori tedeschi. Non dubitiamo che
l'operazione sia stata particolarmente costosa, ma
essa conferma anche il sovra-dimensionamento
degl'impianti d'incenerimento tedeschi, situazione
che fa dubitare sull'economicità del loro normale
servizio e che, forse, senza l'emergenza, avrebbe
permesso di spuntare prezzi più convenienti per le
casse dello Stato Italiano.
Peraltro, non tutti gli inceneritori tedeschi si
sono mostrati all'altezza della fama di competenza e
rigore tecnico dei loro costruttori. Nel 1990, le
misure a camino constatavano che l'inceneritore di
Ingolstadt, sempre in Baviera, emetteva 400
nanogrammi di diossine per metro cubo di fumi, a
fronte del limite di 0.1 nanogrammi, previste dalle
normative che sarebbero entrate in vigore nel 1991.
Pertanto quest'unico impianto emetteva annualmente
207 grammi di diossine, a fronte della quantità
totale di diossine da parte di tutti i 37
inceneritori operanti in Germania, stimata, da parte
dell'Agenzia Federale per la Protezione
dell'Ambiente, in 400 grammi di diossine all'anno.
Pertanto, alla fine del 1990, due delle tre unità
che componevano questo impianto, costruito nel 1978,
venivano disattivate (Sud Deutsche Zeitung, 24, 09,
1990).
(continua)
Su questo argomento vedi
anche:
Salute umana VS inceneritori
Legambiente: il 30% dei rifiuti
italiani non si sa dove va a finire
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