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Ricavare acqua anche dalla nebbia

 

Di solito quando si parla di energia alternativa vengono in mente il sole, il vento, l'acqua, ma la nebbia, quell'elemento atmosferico così fastidioso e malinconico, proprio no! E si sbaglia. La nebbia infatti si è rivelata essere un'ottima ed economica fonte di energia idrica alternativa, capace di soddisfare il fabbisogno crescente di acqua di molta della popolazione mondiale.
I primi a servirsi di acqua ricavata dalla nebbia sono stati gli abitanti di Chungungo, un villaggio di pescatori a nord del Cile. E' qui appunto che è stato realizzata la prima rete al mondo di approvvigionamento idrico funzionante con acqua ricavata dalla nebbia. 
Nel grazioso paesino cileno esistono 75 collettori di nebbia in grado di fornire circa 11.000 litri di acqua al giorno.
Ma come funziona esattamente quest'originale sistema?
I collettori di nebbia sono, in sostanza, reti di propilene di circa 50 mq di superficie, poste perpendicolarmente alla direzione del vento, che soffia dall'oceano verso l'entroterra. In questo modo la nebbia viene letteralmente catturata: le minuscole goccioline che la formano urtano infatti contro le maglie della rete e vi restano intrappolate e, unendosi via via alle altre goccioline, ne formano di sempre più grandi. Le gocce d'acqua divenute pesanti vengono spinte verso il basso dalla forza di gravità e raccolte in un recipiente.
L'acqua così ottenuta viene poi immessa in un condotto che unisce i vari collettori e, infine, raccolta in un serbatoio. Grazie a questo metodo si ricavano fino a qualche litro di acqua al giorno per ogni metro quadrato di rete; è possibile, dunque, ottenerne quantità notevoli semplicemente aumentando la superficie totale di captazione, in altre parole, usando una rete più ampia. 
Questo interessante strumento è stato realizzato nell'ambito del Progetto "Scienza e Tecnologia della vita per i Paesi in via di sviluppo" finanziato dalla Commissione Europea e rappresenta il primo tentativo al mondo di produrre acqua dalla nebbia in un deserto costiero fra i più aridi del mondo. 
All'iniziativa, frutto di una collaborazione multidisciplinare basata su competenze varie e complementari e coordinata per un periodo dal ricercatore del CNR Roberto Semenzato, hanno partecipato l'Università di Padova come coordinatore istituzionale, l'Istituto di Selvicoltura dell'Università di Firenze, il Laboratorio di Ecologia Terrestre dell'Università "Paul Sabatier" di Tolosa, l'Istituto Regionale di Scienze Ambientali dell'Universidad Nacional de San Agustìn di Arequipa in Perù e l'Istituto di Geografia dell'Università Cattolica di Santiago del Cile. 
Fonte: Almanacco della Scienza del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

 

 

 


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