Inizia il 15 maggio presso la Procura di Milano il
processo contro alcune società del nord Italia,
protagoniste di un singolare caso di esportazione di
rifiuti. Lo denuncia Greenpeace, nel rapporto
"Export di veleni, Gestione e traffici illeciti di
rifiuti", disponibile sul sito:
www.greenpeace.it/inquinamento.
Tra il 1999 ed il 2000, ingenti quantitativi di
plastica e di residuo secco derivanti in parte dalla
raccolta differenziata hanno prenso la via di Hong
Kong.
Tra i personaggi implicati in questo traffico, il
finanziere svizzero Giorgio Pelossi, arrestato nel
2000 all'aeroporto di Chicago su mandato di cattura
internazionale dell'Interpol con l'accusa di
traffico di stupefacenti, ma oggi tornato in
liberta'. Per le spedizioni verso tre societa' di
intermediazione commerciale cinesi furono impiegate
quattro navi, partite dai porti di Genova, La Spezia
e Ravenna. Giunte a destinazione, le societa' cinesi
verificarono che le navi non contenevano plastica al
100% bensi' rifiuti eterogenei assimilabili agli
urbani, indifferenziati ed impossibili da riciclare
o riutilizzare. Prevalentemente composti da
imballaggi misti costituiti da diversi materiali
plastici, questi rifiuti derivavano da industrie, da
altri centri di stoccaggio ed in parte anche dalla
raccolta differenziata della frazione secca dell'AMSA
di Milano (azienda municipalizzata) e da altri
comuni. Protagoniste dei traffici illeciti alcune
imprese italiane, tra cui Plast 2000, Pm
Professional Management e Milano Maceri. Tra i reati
contestati a quest'ultima: discarica non
autorizzata, gestione illecita di rifiuti, falsita'
documentale (registri di carico e scarico, formulari
di identificazione), traffico illecito dei rifiuti
verso la Cina. La ricostruzione della vicenda e'
avvenuta grazie ad un'indagine incrociata del
comando del Corpo Forestale dello Stato di Brescia e
della Magistratura di Milano.
"Le indagini hanno fatto luce su una realta' diffusa
nel settore della illegalita' dei rifiuti, quella di
far passare veri e propri rifiuti come materie prime
e/o materie prime seconde, la cui movimentazione
richiede solo il documento di trasporto- spiega
Vittoria Polidori, responsabile campagna
inquinamento di Greenpeace - Questo caso e' un
esempio concreto di come le procedure semplificate
previste dal decreto Ronchi, costituiscano uno
strumento in grado di mascherare la gestione
illecita dei rifiuti a costi e rischi pressoché
nulli".
Il rapporto di Greenpeace prende in esame anche
altri tre casi di esportazione illecita di rifiuti
degli anni '90 che hanno interessato invece Haiti,
Angola e Mozambico. Lo scorso gennaio, la nave
ammiraglia di Greenpeace, la Rainbow Warrior, aveva
riportato in Italia due bidoni di rifiuti tossici,
gettati nel Mar Nero, insieme ad altri migliaia, ben
15 anni fa. I bidoni erano stati consegnati con un
blitz al Ministro dell'Ambiente, il quale si era
impegnato ad avviare le procedure per il ritorno in
Italia degli stessi e la bonifica dell'aree di
stoccaggio turche.
"Matteoli non sta mantenendo gli impegni- continua
Polidori non solo in relazione al caso dei rifiuti
del mar Nero, ma anche per quanto riguarda la
ratifica del Protocollo sui rifiuti pericolosi della
Convenzione di Barcellona, sulla quale si era
impegnato direttamente con noi e che rappresenta uno
strumento importante per combattere i traffici
illeciti di rifiuti".
Fonte: Greenpeace
Su questo argomento
vedi anche:
Legambiente: il 30% dei rifiuti
italiani non si sa dove va a finire
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