Greenpeace esprime soddisfazione per l'entrata in
vigore, di un Trattato delle Nazioni Unite sulla
pesca, il cui scopo è garantire che questa attività
si possa continuare a svolgere in maniera
sostenibile, salvaguardando la biodiversità marina.
Se l'accordo verrà rispettato, dovrà essere
contenuto l'eccessivo sfruttamento delle risorse
ittiche. Tonno, merluzzo, nasello, ippoglosso e
pesce dentato della Patagonia sono le specie più
pescate al mondo e la cui pesca è regolamentata dal
Trattato. Ad oggi, 30 nazioni lo hanno ratificato,
ma solo tre di quelle che sono nella top ten FAO
delle nazioni più impegnate in questo settore:
Norvegia, Russia e Stati Uniti.
Le altre sette (Cina, Giappone, Perù, Indonesia,
Cile, India e Tailandia) devono ancora apporre la
loro firma. Manca ancora anche l'adesione
dell'Unione Europea, altra grande potenza della
pesca. Il Trattato delle Nazioni Unite prevede
misure per la tutela dei pesci migratori, per
ridurre la capacità di pesca delle imbarcazioni,
ridurre le specie pescate accidentalmente,
raccogliere dati sulle operazioni di pesca e stimare
l'impatto della pesca sull'ambiente marino. Il
Trattato richiede ai Governi anche di rispettare il
diritto di pesca delle piccole comunità locali per
le quali non si tratta di un'attività commerciale,
ma di sussistenza. Un miliardo di persone, solo in
Asia, dipende dalla pesca come fonte primaria di
alimentazione: per questo la conservazione delle
risorse ittiche deve essere una priorità
internazionale. "Il Trattato è stato finalizzato nel
'95 dopo due anni di negoziazioni- spiega Mathew
Gianni, coordinatore della Campagna Oceani di
Greenpeace International - abbiamo partecipato
attivamente a questo processo alla sede dell'ONU a
New York e riteniamo che la firma oggi sia un passo
avanti fondamentale per la tutela degli oceani".
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