L'energia eolica, ricavata dalla forza cinetica del
vento, ha segnato un altro primato. Alla fine dello
scorso anno le turbine a vento hanno spinto la
capacità globale mondiale di altri 6970 megawatt,
sforando il tetto dei 24.500 MW. Vincendo il primato
di "fonte energetica con il più alto tasso di
crescita del mondo". E il vento ha superato anche
l'atomo. Secondo l'associazione Europea per
l'energia eolica, (Ewea) l'energia prodotta nel 2001
dai nuovi impianti nucleari è stata solo di 1.748
megawatt.
Partita dalla California nei primi anni Ottanta, la
sfida eolica è stata ripresa dall'Europa: il 67 per
cento della capacità eolica mondiale è installata
nel vecchio continente. Il 53 per cento del mercato
mondiale eolico - tra vendite dirette e concessioni
- è in mano alla Danimarca: il giro d'affari
dell'industria eolica danese si avvicina ai 2.7
miliardi di euro. E la Microsoft del vento è la
compagnia danese Vestas: spuntata come un fungo nel
1987, le azioni della compagnia sono salite del 24
per cento in un anno. Affari d'oro anche per i
diretti concorrenti: la tedesca Enercon, l'americana
Enron Wind (passata alla General Electric dopo lo
scandalo che ha coinvolto la grande multinazionale
americana), la spagnola Gemesa. Il boom ha lambito
anche l'Italia. Dopo una lunga sosta, l'andamento di
crescita del mercato eolico italiano - spiega la
sezione italiana dell'Ises, l'importante istituto di
ricerca e sviluppo del solare e delle altre fonti
alternative - è andato molto oltre le previsioni: +
52 per cento nel 2000 rispetto al 1999. Con 427 Mw
istallati a fine 2000 e 58 centrali, concentrate nel
"triangolo del vento" compreso tra Campania, Abruzzo
e Puglia.
A livello globale, è vero, è una goccia nel mare. I
dati parlano chiaro: l'80 per cento del fabbisogno
energetico mondiale - che galoppa al +2 per cento
l'anno - è soddisfatto da gas, petrolio, e carbone.
E la capacità eolica è appena sufficienti a
soddisfare l'1 per cento della fame mondiale di
energia. Eppure, un dato non sfugge agli analisti.
Negli ultimi cinque anni, il ritmo di crescita
dell'eolico è del 38.8 per cento l'anno. La vendita
di turbine eoliche, nel 1999, è crescita del 65 per
cento, quasi quanto quella dei telefonini cellulari.
E l'industria mondiale, secondo gli analisti
olandesi della Btm, si propone di raggiungere i 60
mila megawatt eolici entro il 2010 e 150 mila entro
il 2020, di cui un terzo costituito da piattaforme
off-shore, ovvero in alto mare. Inoltre, mentre il
prezzo delle fonti convenzionali, sembra destinato a
salire con il tempo, quello dell'energia eolica sta
scendendo. "Negli ultimi venti anni il costo
dell'energia eolica è diminuito anche dell'80 per
cento", spiega Arthouro Zervos, presidente dell'European
Wind Energy Association, mostrando un listino
virtuale: 2600 dollari/ kilowatt nel 1981 a 800
dollari/kilowatt nel 1998. "Dato il continuo
progresso tecnologico, si prevedono ulteriori
ribassi. Per alcuni paesi, l'energia eolica potrebbe
rappresentare presto la fonte di elettricità più
economica". Merito dei progressi tecnologici, e
della caccia ai siti più azzeccati: così è stata già
raggiunta la parità economica con gas e carbone.
Infine, un terzo dato: l'ago della bilancia del
mercato mondiale dell'energia si sta spostando verso
i paesi in via di sviluppo. Così, tra la cinquina
dei paesi super produttori di energia eolica, fa
capolino l'India, già in posizione di leader. Mentre
tra i paesi potenzialmente super-produttori svetta
la Cina, vero "ago della bilancia" dello scenario
energetico del prossimo secolo.
L'interpretazione di questi segnali divide gli
analisti. C'è chi vede nella corsa alle fonti
alternative una sfida persa in partenza, puntellata
da incentivi e sconti fiscali. Chi abbraccia la
sfida come "rimedio" contro i gas serra prodotti dal
petrolio, responsabili del riscaldamento globale. Ma
per altri, la corsa all'eolico potrebbe essere di
più: l'inizio di una rivoluzione energetica,
destinata a scuotere gli equilibri geopolitici
mondiali. "Un attento esame ai trend tecnologici,
economici, sociali ed ambientali", spiegano
Cristopher Flavin e Seth Dunn, del Worldwatch
Institute (il famoso centro di ricerche americano su
ambiente e temi globali), "suggerisce che potremmo
trovarci alle battute iniziali di una importante
transizione energetica globale, caratterizzata
dall'addio ai combustibili fossili. Al loro posto le
risorse energetiche primarie più abbondanti della
terra: il sole, il vento, e l'idrogeno". Una
rivoluzione simile a quella vissuta un secolo fa,
durante il passaggio dal carbone al petrolio..
Partita lentamente, destinata ad accelerare nei
prossimi decenni.
E che partorirà un sistema energetico radicalmente
diverso dall'attuale. Affidato a "piccoli impianti
miniaturizzati e decentrati: piccole turbine nelle
fabbriche, celle a combustibili nei seminterrati,
pannelli solari sui tetti, turbine eoliche
distribuite nei pascoli e impianti elettrici
trasportabili".
Un nuovo ordine "energetico", insomma.
Preannunciato, secondo i suoi sostenitori, prima di
tutto dai limiti delle risorse convenzionali. Se gas
naturale e carbone sono sufficienti a durare fino
alla fine del Ventunesimo secolo e oltre, infatti,
la produzione di petrolio potrebbe arrivare al
capolinea in anticipo. A rimanere è solo "la metà
del patrimonio naturale originario", argomentano gli
esperti americani. Altro segno premonitore, le
preoccupazioni per la dipendenza dall'"oro greggio"
che crescono anche negli Stati Uniti. Preoccupazioni
legate alla sicurezza nazionale, dopo i fatti
dell'11 settembre. Gas e petrolio che provengono in
zone molte distanti dell'Unione, spesso
caratterizzati da rischi geopolitici. "Il 60 per
cento delle forniture di petrolio", ha ricordato al
Congresso americano il senatore repubblicano Frank
Murkoswi, "è d'importazione e viene dal Medioriente",
area turbolenta per eccellenza come confermano gli
ultimi mesi. L'Europa è sulla stessa barca:
"L'Unione Europea importa il 50 per cento di energia
dall'esterno", si legge nel Libro bianco delle
rinnovabili: " In assenza di interventi, sarà il 70
per cento entro il 2020".
Se le aspettative degli analisti del Worldwatch
Institute saranno rispettate, gli scenari futuri
potrebbero vedere un pianeta radicalmente
trasformato. "Un'economia idrogeno-eolico-solare
stravolgerebbe gli equilibri internazionali", spiega
Flavin: "Cambierebbero i protagonisti della scena:
non solo le "major del petrolio", Stati Uniti,
Russia e Medioriente. Ma molti altri, tra cui
Messico, India e Sudafrica in prima linea per
l'energia solare, Canada, India e Cina per le
risorse eoliche. Un sistema meno concentrato avrebbe
una distribuzione più equa dei profitti. A
giovarsene non sarebbe solo la bilancia commerciale.
"La natura relativamente diffusa delle risorse
energetiche rinnovabili", sottolinea l'esperto,
"ridurrebbe sensibilmente la dipendenza dal
petrolio, e in generale le importazioni". Con un
risultato shock, a detta di Flavin: "La diminuzione
dei conflitti internazionali legati agli
approvvigionamenti". Che sono davvero tanti.
Su questo argomento
vedi anche:
I venti antartici verranno utilizzati
per produrre energia
Eolico ed impatto ambientale
Francia: l'eolico non è la soluzione
Energia eolica, concorso Enel per nuovi progetti
Nelle Hawaii la centrale solare eolica piu' grande
al mondo
Nel 2000 sono stati installati nel mondo più
impianti eolici che nucleari
Tre nuove centrali eoliche in sicilia
Nuove centrali eoliche nelle marche
Doppio raccolto per gli agricoltori
statunitensi: cereali ed energia eolica
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