Sfruttando le proprietà magnetiche delle foglie
degli alberi, un team di scienziati di dieci Paesi
Europei sta mettendo a punto un sistema di
monitoraggio naturale che promette di essere più
efficiente di quelli finora utilizzati. Il progetto
pilota, che coinvolge in questo momento le
università di Southampton, Liverpool, Lancaster,
Utrecht, Aix-Marseille 3, Madrid, Monaco, Leoben,
l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di
Roma (Ingv) e il Swiss Federal Institute of
Technology di Zurigo, è stato finanziato dall'Unione
Europea.
Le foglie degli alberi, in particolare quelle dei
platani e dei lecci, hanno la capacità di assorbire
le particelle di magnetite con dimensioni inferiori
al micron, si tratta di un particolato derivante dai
gas di scarico degli autoveicoli che, proprio per le
piccolissime dimensioni, si annida nelle parti più
profonde del polmone durante la respirazione. Le
foglie sono quindi dei collettori naturali. Una
volta portate in laboratorio posso essere lette,
tilizzando strumentazioni e tecniche già ampiamente
collaudate per la caratterizzazione della
magnetizzazione delle rocce.
A Roma si è cominciato con i platani, ma, nel corso
dello studio, si è constatato che i lecci hanno una
migliore capacità di assorbimento delle particelle
inquinanti.
La possibilità di utilizzare le foglie degli alberi
al posto delle centraline permetterà di monitorare
in maniera capillare ed economica interi quartieri
urbani, consentirà di verificare, con tempestività,
le differenze dei livelli di particelle inquinanti
riscontrate nelle zone ad alta intensità di traffico
e in quelle meno transitate, come i centri storici e
le aree pedonali.
I ricercatori stanno adesso affinando le tecniche di
rilevamento in maniera da adottare, in tutti i Paesi
europei che aderiscono al progetto pilota, linee di
intervento omogenee e valutare quali influenze sulle
misurazioni possono avere le variazioni delle
condizioni meteo(vento, pioggia). Nel complesso però
il sistema è affidabile. Lo conferma il confronto
tra i dati emersi durante le prime fasi della
sperimentazione e quelli registrati, negli stessi
luoghi, dalle più comuni centraline di rilevamento.
Fonte: Galileo
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