Purtroppo la "modernità", il progresso hanno
coinvolto anche territori apparentemente
incontaminati facendo pagar loro un obolo forzato.
Effettivamente, spiega il dr. Gian Paolo Gobbi
dell'Istituto per l'Inquinamento Atmosferico del CNR,
anche quelle zone che a prima vista ci sembrano
"ecologicamente intatte" raccolgono la loro dose di
inquinanti. Infatti l'aria si sposta, diffondendo
ciò che contiene. Ad esempio l'anidride carbonica
prodotta dai motori a Roma o Milano si diffonde
prima attorno alla città poi, sempre più diluita, a
livello regionale, nazionale e globale.
I gas, che la nostra civiltà genera, raggiungono
anche la stratosfera (la zona atmosferica sopra i
10-14 km) e, a causa della circolazione generale
dell'atmosfera, tendono a concentrarsi sopra le
regioni polari. Tra questi gas ci sono i
clorofluorocarburi che, grazie alle bassissime
temperature dell'inverno polare, possono agire come
distruttori dell'ozono. Alaska, Canada, regioni
scandinave pagano quindi anche per colpe commesse da
altri.
Alcuni gas come l'anidride carbonica, il metano e il
vapor d'acqua hanno la capacità di trattenere il
calore emanato dalla terra e dovuto al riscaldamento
solare; questo è l'effetto serra. Se questi gas non
esistessero in natura la temperatura della terra
sarebbe di circa 17 gradi sotto lo zero. Se però
questi gas aumentano molto rispetto la loro media
naturale la temperatura aumenterà a sua volta.
Interessanti, sono alcuni dati rilevati oggi: il
livello di anidride carbonica (CO2) è circa il 40%
in più rispetto a quello preindustriale; la CO2 ha
una vita media di 50-100 anni, ciò vuol dire che, se
smettessimo di produrne ora, ci vorrebbero 50-100
anni per tornare ai livelli pre-industriali. Una
persona genera in un anno circa 400 kg di CO2; la
popolazione attuale immette circa 2 miliardi di
tonnellate di CO2 per anno. Un'automobile emette in
un anno circa 3000 kg di CO2; attualmente
l'immissione di anidride carbonica dovuta a processi
industriali è di 24 miliardi di tonnellate/anno;
meno del 10% è dovuto al traffico. I vulcani
terrestri emettono circa 500 miliardi di kg cioè il
2-3% del totale.
Oltre all'inquinamento di natura gassosa, abbiamo
sentito parlare, soprattutto in questo periodo, di
inquinamento da polveri fini cioè quelle polveri, o
più propriamente aerosol, composte da particelle
(granuli o goccioline) più piccole di 1 centesimo di
millimetro (da qui la definizione PM10 = Particulate
Matter, materiale particolato più piccolo di 10
micrometri, µm) e che proprio per le dimensioni così
ridotte, invece di ricadere a terra, rimangono in
sospensione nell'aria finché la pioggia non le
rimuove: (altrimenti impiegherebbero più di 1 mese
per scendere di 1 km). Queste polveri sono in parte
di origine naturale ed in parte di origine umana,
dette appunto antropogeniche.
La "pioggia rossa" è il fenomeno più vistoso delle
polveri naturali provenienti dalle regioni
desertiche del Sahara: sfruttando le potenzialità
del Lidar, sorta di radar laser capace di "leggere"
nel cielo fino ad una altezza di decine di km, Gobbi
ha potuto osservare solo lo scorso anno circa venti
passaggi di sabbie sahariane sopra l'Italia, dove in
media transitavano dalle 100 alle 500 mila
tonnellate di polveri tra 2 e 10 km sopra la
penisola.
Le polveri antropiche sono prodotte in prevalenza
dalle attività industriali, dal traffico urbano e da
processi di combustione. Le polveri inquinanti,
globalmente, sono il 30% di quelle naturali ma in
ambienti urbani raggiungono il 100%; la soglia CEE
di 75 µg/m3 è comunemente superata e città come
Milano o Roma si trasformano in vere e proprie
camere a gas: infatti le polveri urbane ostacolano
l'ossigenazione del sangue, causano bronchiti ed
altre malattie dei polmoni e riducono la capacità
del nostro organismo di combattere le infezioni. In
Italia i tumori ai polmoni per 100.000 abitanti
erano 7 nel 1951 e 180 nel 1999.
La gran parte della "sporcizia" che produciamo al
suolo, prima di essere rimossa dalla pioggia, resta
mediamente in atmosfera 5-7 giorni, viaggiando
trasportata dai venti fino a qualche migliaio di km
dalle zone di provenienza. Per questo la pianura
padana, che oltre ad essere una zona
industrializzata è caratterizzata da lunghi periodi
di assenza di vento e per cui l'aria tende a
ristagnare, soffre più delle altre regioni di
"inquinamento acuto".
Fonte: Almanacco della Scienza del Consiglio
Nazionale delle Ricerche
http://www.almanacco.rm.cnr.it
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