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Proalcol - combustibile pulito

 

Nel recente Vertice mondiale sullo Sviluppo sostenibile di Johannesburg c'è stato un accordo, dai possibili sviluppi futuri, di cui si è parlato veramente poco. Brasile e Germania hanno infatti creato un gruppo di lavoro al fine di produrre alcol da usare come combustibile per automobili. L'accordo comprende la costruzione di 100 mila auto ad alcol da vendere in Brasile con incentivi all'acquisto, grazie alla riduzione delle imposte. La Germania, per finanziare il progetto, si è impegnata a versare al governo brasiliano 32 milioni di dollari. Come contropartita acquisisce un credito per l'immissione nell'atmosfera di ben 710 mila tonnellate di CO2 all'anno, secondo uno dei meccanismi previsti dall'accordo di Kyoto sul clima, ovvero il "commercio delle emissioni". Si tratta del finanziamento di tecnologie pulite nei paesi in via di sviluppo in cambio della possibilità per il paese donatore di accreditare l'investimento fatto come riduzione della propria quota di emissioni inquinanti. In parole povere, riduco con i miei soldi le emissioni a casa d'altri, ma le conteggio come se le avessi ridotte a casa mia.

L'utilizzo dell'alcol come combustibile per le automobili in Brasile non è una novità. A partire dal 1975 infatti il governo del più grosso Stato sudamericano ha lanciato il Programma Nazionale dell'Alcol, ribattezzato Proalcol, un piano di incentivazione dell'uso del combustibile "mas pulito do mundo" ricavato dalla fermentazione della canna da zucchero.
I vantaggi dell'impiego dell'alcol sono molteplici: pochissimi residui nell'atmosfera a fronte delle numerose emissioni di carbonio delle vetture alimentate a benzina, tra i primi responsabili dell'effetto serra. Una fonte continuamente rinnovabile, perché estratta dalla canna. Le piantagioni di canna brasiliane inoltre, attraverso la fotosintesi, assorbono oltre un quinto di tutto il carbonio rilasciato nell'atmosfera dal petrolio consumato nel paese, l'equivalente di una riduzione di 39 milioni di tonnellate di CO2 l'anno. E ogni tonnellata del vegetale ha un potenziale energetico equivalente a 1,2 barili di petrolio. Dalla spremuta di una tonnellata di canna, poi, oltre allo zucchero e alla grappa, si possono estrarre fino a 60 litri di alcol, producendo dai 300 ai 500 kg di buccia per alimentare le caldaie delle stesse fabbriche che producono l'alcol (sostituendo gli oli combustibili derivati dal petrolio). Un circolo virtuoso che fa capire le reali potenzialità del progetto. In definitiva, se queste vengono sfruttate appieno, la canna da zucchero può generare energia elettrica, alcol, fertilizzante, cibo e altro ancora. Si calcola che le piantagioni del vegetale oggi esistenti in Brasile potrebbero sostituire l'impiego di circa 600 mila barili di greggio al giorno.

Nel corso degli anni '70, in seguito alla grande crisi petrolifera mondiale, il Brasile, spinto dalla necessità di trovare una via d'uscita, ha creato il Proalcol. A partire da questo momento il paese ha investito molto nell'incrementare la cultura della canna da zucchero e, allo stesso tempo, nel costruire impianti di distillerie di combustibile.
A metà degli anni '80, la fine della tensione in Medio Oriente e il ribasso del prezzo del barile hanno rallentato via via fino a bloccare il progetto Proalcol. Senza adeguate politiche di sostegno le "fabbriche di alcol" sono entrate in crisi. Come se non bastasse, sul mercato internazionale si è alzato notevolmente il prezzo dello zucchero. I produttori hanno cominciato a vendere la canna destinata alla fabbricazione dell'alcool a chi produceva zucchero per l'esportazione, e il mercato dell'alcol è crollato. Le successive crisi di approvvigionamento subite dagli automobilisti "ad alcol" brasiliani hanno fatto perdere fiducia nel progetto. Il mercato delle auto "alternative" è crollato e nel paese si è ricominciato a vendere quasi esclusivamente auto a benzina. Anno dopo anno, l'industria automobilistica è stata obbligata a diminuire il ritmo della produzione di questi veicoli. Nel 1984, ogni cento automobili nuove vendute, 94 erano ad alcol. Negli anni successivi questo numero è via via diminuito (63% nel 1988, 10% nel 1990 e soltanto l'1% nel 2000).
A partire dal 2001 si è assistito a una piccola inversione di tendenza: complice il caro petrolio, un lieve aumento della richiesta di mercato ha fatto salire il numero di auto ad alcol all'1,5% nel 2001 e al 3% nei primi sei mesi di quest'anno.
Attualmente il totale di automobili ad alcol che circolano sulle strade brasiliane è di appena 3 milioni (il 20% del parco auto complessivo), mentre nei momenti d'oro dei primi anni '80 erano ben il 66%.

La prima automobile ad alcol prodotta in Brasile è stata la 147 della Fiat, uscita dalla fabbrica nel giugno del 1979. La produzione iniziale del mezzo, di 10 unità al giorno, serviva unicamente a soddisfare il fabbisogno del parco auto del governo. Nel 1980, con l'aumento della catena di distributori, la 147 è finalmente stata commercializzata al grande pubblico con un motore da 1300 cc dalle funzionalità identiche a quello a benzina. Oltre a rendere 8,8 km/litri (una media considerata eccellente per l'epoca), il costo dell'alcol era un terzo di quello della benzina. Gli attuali motori ad alcol fanno ormai 12 km con un litro, che costa circa 50% in meno della benzina.
La ricerca tecnologica è andata avanti, e a Fiat si sono aggiunte altre case costruttrici come Ford, Volkswagen e General Motors. I problemi iniziali, come la difficoltà ad avviare il motore nei giorni più freddi dell'anno o la rapida corrosione delle parti metalliche del veicolo, serbatoio in testa, sono ormai stati superati.
Nel corso degli anni il progetto Proalcol ha cambiato il paese. Oggi in Brasile esistono una tecnologia e una logistica di trasporto e distribuzione del prodotto uniche al mondo, con una catena di più di 25 mila pompe ad alcol disseminate in tutte le regioni del paese.

Oggi tutti i paesi del mondo si stanno interrogando, chi più chi meno, sulla necessità di pensare al futuro del nostro pianeta. La canna da zucchero e l'alcol derivato rappresentano sicuramente una possibile alternativa al petrolio nella ricerca di una fonte d'energia "pulita".
Oltre alla Germania, neo firmataria dell'accordo con il Brasile, ci sono altri paesi interessati all'alcol combustibile. Secondo i calcoli del governo brasiliano l'esportazione del prodotto, che attualmente è di 600 milioni di litri l'anno, nel 2003 potrebbe raddoppiare. Grazie a futuri accordi che pare saranno siglati con Cina, India e Giappone, negli anni a venire l'esportazione potrebbe salire a quota 70 miliardi di litri di combustibile annuo. Mentre la Cina e l'India vogliono utilizzare l'alcol per sostituire interamente combustibili a base di petrolio, i giapponesi hanno già approvato una legge che, oltre a concedere sussidi per la costruzione di centrali termoelettriche ad alcol, autorizza la miscela del 5% di alcol alla benzina, pratica già in voga dal 1930 in Brasile, nelle proporzioni di 25% di alcol per litro di benzina.
Primo della lista dei maggiori produttori mondiali di canna, alcol e zucchero, questo immenso Stato ha la capacità di produrre fino a 16 miliardi di litri di alcol l'anno, il corrispondente di 84 milioni di barili di petrolio. Una potenzialità che colloca il paese latinoamericano in una posizione privilegiata anche nella lotta mondiale contro l'inquinamento.
Durante la Conferenza di Rio+10 il presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso fece la seguente proposta: derivare il 10% di tutta l'energia utilizzata nel mondo da fonti rinnovabili entro il 2010. E il progetto Proalcol va proprio in questa direzione, anche se, per ridargli nuovo impulso, il Brasile dovrà convincere i cittadini interessati che possono acquistare una macchina ad alcol senza paura di essere poi abbandonati com'è successo in passato.
I primi passi in questo senso sono stati fatti: nel '95 è stata creata la Commissione Interministeriale dell'Alcol e in agosto 2002 il governo ha ridotto l'Ipi (Imposta sui prodotti industrializzati) gravante sulle automobili ad alcol, per stimolarne la ripresa delle vendite.

Fonte: http://www.arpnet.it/
Comunicato stampa Ministero dell'Ambiente

Su questo argomento vedi anche:

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