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Musica per i golosi

a cura di Francesca Mineo

 

 

 


Ani Di Franco

L'intervista

Folk-punk in salsa intellettuale, uno stile fatto di piercing e capelli da rasta. La canzone d'autore americana si è spesso interrogata sul 'caso' Ani Di Franco. La trentunenne di Buffalo, artista trasversale e sempre in eruzione, ha spesso rappresentato la canzone di protesta, ma anche la voce sanguigna della nuova scrittura a stelle e strisce, e non certo delle più rassicuranti.

Del resto, fin dagli esordi, Ani ha scelto di pubblicare album su una sua etichetta, la Righteouse Babe, fondata per essere libera dalle imposizioni del mercato discografico. Corteggiata dalle major, ha sempre detto un fermo 'no, grazie'.
In Italia il 2002 si apre per Ani con la pubblicazione di tre album degli esordi, ancora inediti per il panorama europeo: "Imperfectly", "Like I said", "Out of range", quasi a chiudere un cerchio sull'intera discografia della songwriter americana.

Inoltre questi mesi sono una corsa contro il tempo per terminare il nuovo album, di imminente uscita. Come sarà? Difficile prevederlo. <Molto rock!> esclama convinta la cantautrice di passaggio in Italia prima della fine del tour europeo.<E' certo che le mie canzoni saranno espressione di diverse emozioni e esperienze di vita: per questo i miei brani conserveranno ciò ce amo di più: montagne e vallate, picchi di emozioni ma anche opposti che non trovano punti di incontro>. 

L'ultima fatica discografica "Revelling-Reckoning" è un disco emozionante e ricco di innovazioni: rock, folk e jazz sono riusciti ad andare d'accordo. Quale melting pot sonoro ci si può aspettare, ora?
<In effetti amo alternare pezzi strumentali a quelli completamente acustici, voce e chitarra, e mixare i generi musicali. Tuttavia non voglio concentrare tutto su di me o su virtuosismi stilistici. Non mancherà il sound della mia band>.

Ami scrivere lunghi brani, album con molte tracce, doppi album. Forse è difficile staccarsi dalla propria opera?
<In realtà non sono mai stata costretta a star dentro determinati minuti per esigenze radiofoniche, dunque non ho mai subito queste rpessioni. Però è vero che è sempre difficile per me mettere un punto e concludere. Lavoro sotto molti fronti, sulla passione di prolungare un pezzo con assoli di chitarra, o su tutte le idee che mi vengono in mente>

Ti sei esibita spesso con Bob Dylan, Tom Waits e i Pearl Jam, tutte voci 'contro'. Il nuovo album metterà ancora gli Stati Uniti sotto osservazione?
<E' una questione di responsabilità che sento verso me stessa e il luogo in cui vivo. Quando scrivo le mie canzoni, non posso fare a meno di parlare di un paese affetto da un numero altissimo di mali. Non so se potrà mai cambiare: i cambiamenti arrivano solo dopo profonde svolte culturali, ma con gli americani l'impresa è ardua: è un popolo giovane, senza identità storica. Guardano solo al presente>.

La politica dunque può sovrastare, in certi casi la musica?
<No, certo, ma sono sempre stata critica verso il mio paese, forse perché vi sono molto legata. Non posso non pormi in prima linea contro la pena di morte e a favore dei diritti negati, di chi vuoel protestare liberamente e non può, mettendo la mia musica a servizio di tutti. Sono infatti presente in una compilation, appena uscita sul mercato americano, i cui introiti andranno a coprire le spese di chi vuole manifestare nelle piazze ma, nel caso ne avesse bisogno, non può permettersi un avvocato>.

Nel tempo, la 'pasionaria' ha cercato di mettere la testa a posto....
<Beh, sì. Ora mi sono sposata, e la mia vita per questo è molto diversa. Sono cresciuta, ho preso impegni...così che anche i miei dischi adesso riveleranno un approccio diverso. Prima volevo cambiare il mondo! Dal 2002 le canzoni saranno sempre più il riflesso di una donna con molti dubbi, non necessariamente forte e non così sicura di se stessa. Scrivere musica, guardando di più a se stessi, è come perdere l'equilibrio>. 

 

 

 

 


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