Gabin
L'intervista
Chic e raffinato, il progetto dei Gabin - al secolo il dj Filippo Clary e il bassista jazz Max Bottini - ondeggia tra suoni e immagini, melodie e visioni. L'omonimo album, preceduto da un video che eleva la Citroen "squalo" a icona di un'epoca, rappresenta un lungo viaggio, iniziato al mattino e terminato con un ritorno a casa alle luci dell'alba.
<Lo abbiamo pensato così, come un disco che si basasse solo sulle emozioni pure>, spiega il duo che fa base a Roma.
Un fascino in dodici tracce che non è tanto dovuto alla somiglianza con progetti oggi in voga - quale Saint Germain, Llorca, autori della french touch in genere -; piuttosto per la capacità che ha avuto il duo di ricreare, bandendo la corsa selvaggia ai campionamenti suoni vintage con strumenti e tecnologie di oggi. Compreso il suono della puntina che salta sul mangianastro.
L'onda french touch e l'immaginario anni Sessanta si respira a pieni polmoni nella traccia 'Doo Uap, Doo Uap, Doo Uap', noto pezzo preso a prestito da uno spot pubblicitario e citazione illustre da Duke Ellington. Ma i Gabin, che pare piacciano molto al regista Gabriele Muccino e hanno scelto questo nome in memoria dell'amato attore, hanno anche lavorato per voci bambine: hanno curato gli arrangiamenti per alcune canzoni - due delle quali piazzate ai primi posti - che hanno concorso alla recente edizione dello Zecchino d'Oro. Un'eleganza, dunque, piaciuta anche ai più piccoli. C'è anche il sax di Stefano di Battista e la voce di Ana Carril Obiols, già parte di Mano Negra e P18.
Vi si obietterà che, con tutte queste raffinatezze, avete trovato il disco dell'estate
.
E' quello che volevamo e vogliamo evitare! Certo 'Doo Uap' è il pezzo più orecchiabile, forse, ma a noi interessa che si presti attenzione a tutto l'album. Del resto abbiamo cercato di variare, di mettere insieme molte idee e di dare al disco una connotazione europea. E' per questo che i testi, tranne in pochissime parentesi inglesi, sono cantati in francese e spagnolo. L'inglese non è più una lingua che rimanda all'Europa ma al mondo.
Che ne pensate del successo che arriva dalla pubblicità?
Ormai certo è un fenomeno, è diventato un canale di promozione anche per le case discografiche. Siamo rimasti spiazzati e anche felicemente sorpresi. Questa è la musica che d'istinto ci è piaciuto comporre. Del resto la vita di oggi è frammentaria e la pubblicità rappresenta un veicolo anche di promozione musicale. Noi, a nostra volta, citando alcune strofe di "It Don't Mean a Thing (If It Ain't Got That Swing)" abbiamo, nel nostro piccolo, ricordato alle giovani generazioni che nella storia del jazz c'è stato anche un genio come
Ellington.
Il disco è molto visionario. Era negli intenti?
Sì, tanto che il video, realizzato da Digital Delikatessen e che si può vedere su gabinonline.com, è stato immaginato interamente dai grafici, senza nostre indicazioni. Evidentemente queste sono le immagini che questo disco evoca, e coincide con la nostra visione dell musica. Amiamo il jazz e la sua epoca ma anche Burt Bacharach e il rock. L'immaginario jazz non è comunque l'unico presente in questo album.
Come è avvenuta la scelta di uno dei più noti pezzi di
Ellington?
L'idea di campionarlo certo ci è venuta, anche se sarebbe stato un lavoro molto lungo per i diritti. Dunque abbiamo pensato che potevamo riprodurlo, ma in un modo nostro. Il testo originale infatti tende a salire di tonalità, noi ci fermiamo più in basso. Abbiamo però voluto mantenere il sapore antico del pezzo, sulle orme dell'originale, così che si evocasse un'epoca.
Non avete comunque saccheggiato gli archivi discografici...
L'unico sample è quello contenuto in
'Delire et passion', da 'Tarde em itapoa' di De Moraes. Tutto è avvenuto nel nostro studio-officina. Abbiamo condensato il bello della musica che ci piace.
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