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Musica per i golosi

a cura di Francesca Mineo

 

 

 


Le Vibrazioni

L'intervista

Suonare dal vivo e vedere l’effetto che fa. Rinunciare a proposte fino a quando non arriva quella giusta. E invece di suonare nei pub, in metropolitana o per strada, sostenere gli oneri di tournée sotterranee in centri sociali o locali defilati, in attesa del boom.
Francesco Sarcina (voce e chitarra), Marco “Garrincha” Castellani (basso), Stefano Verderi (chitarra e tastiere) e Alessandro Deidda (batteria) hanno scelto questa strada, e ha portato loro molta fortuna. 

L’incontro azzeccato è stato quello con Demetrio Sartorio, che ha guidato le giovani Vibrazioni in un percorso rischioso, sulla carta, ma che poteva anche portare dritti all’obiettivo. “E’ stata dura, in effetti - spiega Sartorio, che ha ribaltato i tradizionali schemi di promozione degli esordienti – ma ero sicuro che ce l’avremmo fatta”. 
Le Vibrazioni, che martedì 15 luglio suonano a Genova (area Porto antico), rappresentano la freschezza del rock e della composizione cantautoriale: semplice, orecchiabile, ma non banale, con una forte vocazione per le performance dal vivo. 
Il tormentone invernale “Dedicato a te”, uscito all’inizio dell’anno, è diventato primaverile e non sembra stancare neanche il pubblico estivo. Ma ora c’è l’album omonimo, pubblicato da BMG Ricordi, così che giovani e grandi fan del gruppo apprezzano anche ‘In una notte d’estate’, ‘Sani pensieri’ e ‘Su un altro pianeta’.
Ora la band ha date fissate per tutta l’estate (tra cui il 18 luglio a Torino e il 21 luglio a Lucerna). A raccontare l’avventura, l’istrionico Francesco Sarcina, autore di testi e musiche.

'Insomma, è andata bene...
Sì, siamo molto soddisfatti, ma non è costata poca fatica. Il fatto è che non abbiamo mai mollato. Se pensiamo che tutto è nato nel marzo 1999 e dopo tre anni passati a suonare nei locali, a farci le ossa sul palco, siamo usciti allo scoperto con un singolo che in pochissimo tempo ha venduto migliaia di copie. Abbiamo anche avuto la fortuna di girare un bel video, ambientato sui Navigli di Milano. La scelta di autoprodursi è stata presa da tutti, insieme. Era l’unico modo per suonare davvero la nostra musica.

Quando l’album era pronto, in realtà avevate già un ricco repertorio…
Sì, abbiamo molti pezzi che non sono entrati in questo disco, oltre 50 canzoni originali già pronte. Queste sono quelle che giudichiamo più rappresentative, almeno come primo album. E quando ci siamo presentati alle major, abbiamo portato un primo demo con ‘Dedicato a te’ e ‘Sani pensieri’.

E’ un album che riporta molto agli anni Sessanta, per sonorità e immagini: siete legati a quell’epoca, per qualche ragione?
Sicuramente, anche perché in quegli anni si suonava la musica che ascoltavano i nostri genitori. Amiamo molto i Beatles e Elvis Presley, così come Santana e i Led Zeppelin. E poi ci piacciono Mina, Luigi Tenco, ma anche il progressive, i New Trolls, Equipe 84.

Anche il nome scelto, ha qualcosa di quegli anni...
Sì, il fatto di mettere l’articolo ‘Le’ davanti a Vibrazioni. Pensavamo a qualcosa di naturale e semplice, senza articolo femminile si sarebbe rischiato di fare confusione.

I testi sono ora scanzonati, ora ironici: è questo il vostro punto di vista sulla vita?
Sicuramente vogliamo guardare al mondo con uno sguardo ‘leggero’, che non vuol dire però superficiale. Per lo più amiamo lasciar trasparire certo l’ironia ma anche la sensualità della vita, per liberarla da qualsiasi tabù. Spesso nei testi si parla di sesso, ma non in senso morboso, anzi, in modo molto libero. Crediamo che la sessualità sia una parte fondamentale per tutti noi, e bisognerebbe essere educati alla libertà fin da bambini.

La composizione dei testi spetta a te...
Prevalentemente parto io con idee buttate giù voce e chitarra, per tracciare le prime linee melodiche. Ma le canzoni, così come tutto l’album, ha preso forma con il lavoro e la partecipazione di tutti, sia per gli arrangiamenti che per gli impasti sonori. Anche le storie che racconto: è vero che sono in prevalenza le mie, ma si tratta di emozioni che diventano storie di tutti.

‘Non mi pare abbastanza’ è infatti una vicenda collettiva, che appartiene a tutto il gruppo: è un modo per esorcizzare il dolore?
La vicenda è quella della morte di un nostro amico, David, che si è tolto la vita. E’ un pezzo molto duro: per quanto la vita sia difficile bisogna dire di no, bisogna opporsi all’autolesionismo. Nessuno ti aiuterà mai come te stesso. E’ facile lasciarsi andare, il difficile è lavorare su se stessi, conoscersi a fondo.

E’ quello che dici in ‘Sono più sereno’: “Ogni giorno farò il possibile per sopravvivere in mezzo al frastuono”?
Sì, anche se in questa canzone mi riferisco al fatto che viviamo in un mondo in cui si ripetono gli stessi errori e nessuno se ne rende conto. Bisogna andare oltre queste logiche: critichiamo a spada tratta la tv, e poi ce ne serviamo per qualsiasi cosa. Oppure parlando di fede e religioni: ribadiamo che Dio è uno, ma ci si permette il lusso di essere razzisti con tutte le culture diverse dalle nostre, quando siamo figli della stessa Terra.

L’immagine del libretto rispecchia i vostri giorni dei tour ma anche la vostra infanzia: perché?
Siamo molto legati all’infanzia perché per chiunque rappresenta lo stato della purezza. E’ l’inizio di un viaggio, la voglia di scoprire qualsiasi cosa. Poi, quando si cresce, si ritrova con il pensiero quello stato di benessere. E’ importante per noi ricordarci come nelle foto che abbiamo pubblicato: chi con la chitarra giocattolo in mano, chi alla guida di un furgone. In un certo senso, è un segno di quello che sarebbe diventata la nostra vita.


 

 


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