Mariza
L'intervista
L’aria austera che sembra trasparire dalla cover del suo secondo album, ’Fado curvo’, svanisce appena si incontra
Mariza, solare e energica fanciulla di Lisbona con la passione per la poesia.
“Leggo e scrivo poesie da quando ero piccola”, racconta, e lo dice con la passione della scrittrice che deve far conoscere il suo primo libro.
Mariza è apprezzata e riconosciuta ormai a livello internazionale per la sua interpretazione del fado portoghese: non un rimescolamento di carte con marchingegni elettronici, non un’astrazione eterea che però conserva la saudade e la malinconia cui si è abituati dalla tradizione.
C’è una ventata di fresco e di molto femminile, si direbbe, nelle tracce di ‘Fado curvo’, prodotto dal tastierista dei
Madredeus, Carlos Maria Trindade.
“Forse siamo troppo legati alle immagini del fado cupo e austero – spiega
Mariza, recentemente premiata come migliore artista europea nella categoria World music di Bbc radio - , ma io non lo vedo così. Certo il fado è la musica di un popolo che ha sofferto: troppi anni di guerre con la Spagna, in passato, hanno cresciuto in noi portoghesi l’idea di un esilio che si è trasformato in scoperta, e per questo siamo andati per mare. I portoghesi non avevano alternativa, dopo la terra c’era il mare. E così è stato per me: non avevo altra scelta, quando ho deciso di fare musica, se non quella di suonare e cantare il fado. Come i naviganti ho scelto la mia unica strada”.
Come descriverebbe la sua versione di fado?
C’è malinconia ma non tristezza. Il fado è un modo di vivere e questo va sempre tenuto presente. Mi piace molto poter fare variazioni, ma rispettare sempre la tradizione del fado. Non sempre infatti le nuove proposte sono indovinate: all’elettronica, che alcuni artisti utilizzano per rinfrescare o attualizzare musica tradizionale come il flamenco, preferisco altre miscele, utilizzando magari strumenti di musica classica, il jazz e il blues, che con il fado ha molti aspetti in comune.
Per questo ha voluto chiamare il disco ‘Fado
curvo’?
Sì, perché curvo è un termine che si usa per spiegare qualcosa che non è univoco, ma che ha varie angolature come le passioni. In questo disco, rispetto al precedente ho poi voluto lavorare con più materiale per dare una veste più organica all’album. Per questo mi sono concentrata molto sui poeti e letterati portoghesi, da José Luis Gordo a Fernando
Pessoa, confrontandomi con il compositore Tiago Machado
Come interpreta tutto questo sul palco?
Tutti si aspettano qualcosa di triste, mentre io credo che si possa anche andare a vedere uno spettacolo e divertirsi. Amo moltissimo interpretare le canzoni a modo mio: sul palco provo sentimenti così forti che non riesco a stare ferma e ballo a ritmo di fado. Un giornalista tempo fa mi disse che per essere cantante di fado mi muovo troppo sulla scena, ma io non potrei farne a meno.
In ‘Fado curvo’ la ricerca sul testo è stata molto accurata...
La mia ricerca musicale va di pari passo con la ricerca delle parole. Canto e rispetto la mia lingua portoghese, che la trovo piena di emozioni. Parlare e cantare in portoghese dà emozioni diverse rispetto a un’altra lingua. E poi sarebbe facile cantare in inglese o addirittura il pop fado. Non mi interessa essere conosciuta a tutti i costi, sono più preoccupata della cultura del mio paese, dei suoi poeti. La mia lingua è poetica non matematica o razionale.
Nel disco figurano trasposizioni di poesie di autori noti, come Pessoa. Come si arriva a musicare un testi letterari?
E’ indubbiamente difficile cantare Pessoa e prima di avventurarmi ne ho discusso con il compositore della musica. Tuttavia leggo poesie da sempre, e per ogni interpretazione parto sempre dalle parole e non dalla musica. Con questo progetto ho capito che avevo bisogno di tempo per digerirle, così che prima di pensare alle note le ho lette e rilette mille volte. Quando le avevo interiorizzate allora ho potuto procedere con la musica.
Lisbona è parte essenziale della sua creatività?
Lisbona mi manca ancor prima di partire, sono molto legata a questa città piena di luce. Per comporre devo essere a casa mia, tra i miei oggetti. Quando torno a casa mi piace stare nel mio appartamento perché provo gli stessi sentimenti che mi appartengono. Prendo sempre appunti che possono servirmi per nuove canzoni, ma li metto tutto in una scatola apposta, che conservo nella casa di Lisbona per tirar fuori i pezzetti di carta quando servono. Lo studio è a casa mia e quando dobbiamo lavorare raduno tutti i collaboratori. Siamo come una grande famiglia e per me stare a casa a Lisbona è molto più intimo e facile. Del resto non devi avere molto spazio per fare musica.
|