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Musica per i golosi

a cura di Francesca Mineo

 

 

 


Natasha Atlas

L'intervista

Con entusiasmo Natasha Atlas racconta i suoi esordi.

<Ah, come mi divertivo! Dei Trasglobal Underground ricordo prima di tutto il divertimento: mi manca molto quella sensazione di libertà, di poter creare senza preoccupazioni. Mai un mal di testa. Con Jah Wobble, invece..ero una ragazzina, non mi rendevo neanche conto dov’ero. Ero una vocalist come altre.. ero molto naif..>

E ora, come va il mal di testa?

<Adesso c’è, eccome! Quando si è responsabili in prima persona di quello che si fa, si possono avere delle belle emicranie>

Già l’album Gedida, del ’99, è stato un successo. "Ayeshteni", in uscita a breve, rafforza il suo stile personale…non la rassicura tutto questo?

<All’inizio della mia carriera avevo bisogno d sentirmi legata a una categoria e di essere confinata in qualche casella. Questo però mi ha creato molti limiti. Ora ho imparato a esserlo, faccio quello che mi piace senza preoccuparmi troppo di come potrebbe essere recepito dagli altri>

In questo nuovo lavoro canta un brano in inglese. E’ un fatto raro, pur essendo quasi londinese adottiva. Perché?

<A dire il vero è capitato così. La lingua araba l’ho trovata, per il mio genere di musica, più musicale di quella inglese, che lo è altrettanto. Era il mezzo con cui riuscivo a esprimermi meglio. In più resto legata alle mie origini>

Nell’album c’è anche un remix firmato da Nitin Sawhney…

<Certo, gliel’ ho chiesto io! E’ un autore che stimo così tanto…. Contrariamente a me è riuscito, fin dall’inizio, a non essere legato ad alcun stereotipo, a categorie o schemi. La sua è una musica di forte impatto soprattutto perché lui stesso è un uomo profondamente libero. E’ un maestro per me>.

Ha mai avuto problemi, per la sua musica o il suo ruolo, con qualche spirito fondamentalista?

<Nel mondo islamico non ho mai avuto problemi, anche perché credo di essere vissuta come un enigma: arrivo dal nord Africa ma sono cresciuta in Europa. Tuttavia ho avuto quattro copertine delle principali riviste in Egitto. Del resto io credo di non offendere nessuno con la mia musica.

Questo disco coniuga in modo interessante vecchio e nuovo. Come adattate al contemporaneo suoni di strumenti antichi?

<Nel disco abbiamo utilizzato molti strumenti tradizionali, gli archi, l’oud, molte percussioni. Sono in realtà strumenti molto flessibili se suonati da buoni musicisti. Diventano versatili e adatti a generi musicali lontani dalla tradizione: possono dare suoni jazzati, swing, oppure blues>

La sua musica è innovativa ma lei canta sentimenti universali…

<Sì, per lo più le mie sono canzoni d’amore, sulla natura; cerco di dire alla gente di vivere serenamente, senza prendere le cose troppo sul serio>

Cosa risponde a chi pensa che il suo stile, così come poteva essere quello dei Transglobal Underground, danneggi le radici del folk?

<Dico che si fa presto a lamentarsi quando non si sa neanche da che parte cominciare! Chi dice questo è forse qualcuno che ama lamentarsi a sproposito. In realtà è un modo per andare avanti guardando però indietro. Se si aspettano che io mi vesta da araba, beh, lo trovo razzismo all’incontrario!>

Londra è un ottimo luogo per creare il nuovo..

<A Londra effettivamente è più facile lavorare nella musica, è un luogo dove circolano molte idee. Il tempo è brutto, gli inglesi per questo non hanno molto da fare…in qualche modo devono pure divertirsi!>

La passione per la musica è isolata in famiglia?

<No, ho un paio di zii in Egitto che suonano, uno in un gruppo tradizionale e uno più pop. Tutti sono interessati alla mia carriera. E poi sono sempre in ansia: se non telefono regolarmente, cominciano a farlo loro.. pensano che mi sia persa in qualche tournée…>

...ancora su Natacha Atlas

 

 

 


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