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Dicono gli esegeti che con questo album, il terzo della sua ancor giovane carriera, Alanis è ritornata all'ispirazione e all'immediatezza di "Jagged little pill", il suo esordio discografico del 1995.
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E dicono pure che, qua dentro, ci sono almeno un paio di singoli - "Hands clean"
e
"21_things I want in a lover" - capaci di sbancare il mercato: insomma di ripetere il trionfo dell'indimenticabile "You oughta know", autentico manifesto generazionale dei secondi anni Novanta. Tutto vero, tutto condivisibile. Ma, dal nostro personalissimo punto di vista, prima ancora delle musiche vorremmo dire meraviglie della voce di questa deliziosa chanteuse di Ottawa: una voce strabiliante, potente e diretta, capace di arrivare al cuore delle note con una passionalità ammirevole. E poi, ancora di più, dei testi delle undici canzoni: profondi, meditati, ricchissimi di umori come difficilmente ci si potrebbe attendere, da una rockista di ventisette anni appena. Eppure è proprio così, e il solo esercizio di leggerli è un piacere assolutamente sublime. Vi si trovano echi di saggezza zen, di apertura new age, di pacifismo a 24 carati ("Utopia", la canzone dedicata alla tragedia dell'11 settembre, è un piccolo capolavoro di essenzialità e stile). Peccato che non siano stati tradotti in lingua, nel libretto che accompagna il cidì.
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