Andreas Vollenweider non sopporta di essere
catalogato nelletichetta New Age, ormai tanto vasta da racchiudere in sè tutto e il
contrario di tutto: "molto più appropriato infilarmi in quella che io chiamo
Contemporary Cosmopolitic Instrumental Music", dice soppesando bene le parole.
Andreas Vollenweider se ne sta racchiuso da
un paio di giorni filati nella saletta delle interviste della Sony Music, in pieno centro
di Milano, a rispondere alle centinaia di domande che gli addetti ai lavori gli rivolgono
a proposito del suo nuovo album "Cosmopoly", appena uscito in tutti gli angoli
dEuropa: ma non per questo ha locchio stanco e laspetto annoiato.
Al contrario, sprizza gioia e vigore da
tutti i pori: "perché", dice, "cè sempre qualcosa di importante da
imparare da qualsiasi intervista, anche la più apparentemente "stupida" e
"insulsa". Io ascolto tutto quanto, memorizzo anche le virgole, e poi cerco di
rispondere al meglio. Perché so che tutto questo mi servirà per il mio lavoro
futuro".
L'intervista
Insomma,
come diceva quel saggio tibetano di svariatissimi secoli fa: "più stupide sono le
domande, più intelligenti saranno le risposte"...
"Proprio
carino questo aforisma! E grazie tante per avermelo fatto conoscere!Lo faccio mio, perché
mi pare perfettamente in sintonia con il modo che ho sempre utilizzato per affrontare le
cose: dare il meglio di me in ogni situazione e, al tempo stesso, mantenermi perfettamente
libero di seguire le mie intuizioni, la mia natura più profonda...".
Una
natura che devessere molto flessibile e sfaccettata, vista la differenza abissale
che passa fra questo "Cosmpoly" e il suo lavoro precedente: "Kryptos",
del 1997...
"Ha
perfettamente ragione. Ma, vede, laspetto buffo di tutta la faccenda è che
"Kryptos" era stato concepito come un album solistico, e solo strada facendo si
è trasformato in quella "symphonic adventure" enfatizzata nel sottotitolo.
Potrei dire che i materiali musicali, che inizialmente avevo pensato per sola arpa, mi
hanno via via preso la mano, e sono diventati sempre più grandi, epici ed opulenti. Ma,
alla fine, proprio questa inimmaginabile ridondanza mi ha fatto capire che ero ormai
pronto per cose molto più piccole, private, intime, emozionali e dirette. Come dire, in
altre parole, che la genesi di "Cosmopoly" ha preso forma un istante dopo aver
terminato "Kryptos". Buffo, non è vero?".
Forse
sì. E in ogni caso significativo del fatto che lei riesce a intrattenere con se stesso un
dialogo molto metodico e molto intenso...
"E
assolutamente vero.Tanto che io sono solito affermare che il mio peggior nemico... sono io
stesso, e che la cosa migliore che io possa fare... è di proteggermi dagli agguati che la
mia intelligenza ha sempre voglia di organizzarmi! Non sto scherzando, glielo assicuro!
Sono un tale perfezionista che più di una volta mi è venuto il ghiribizzo di buttare
alle ortiche tutto quanto avevo costruito! E anche per questo "Cosmopoly" mi
sembra una tappa fondamentale della mia esistenza. Perché, qui, ho lavorato a stretto
contatto di gomito con un sacco di amici: Düde Dürst, Hugo Faas, Carly Simon, Darryll
Pitt. E, grazie a loro, ho finalmente capito che cosa vuol dire lavorare con gioia e in
perfetta sintonia reciproca. In gruppo, invece che perennemente da solo!".
E
infatti il disco è una lunga sequela di temi alquanto brevi, spesso organizzati in forma
di duetti: con
Djivan Gasparyan, Bobby
McFerrin, Carly Simon, Abdullah Ibrahim, Milton Nascimento, Carlos Nuñez, Xiaojing Wang e
molti altri.Una vera e propria novità, per lei.
"Certo,
e anche una grande sfida con me stesso. Perché in un tema di due-minuti-due, magari
organizzato soltanto per arpa e voce, cè ben poco da sfogliar verze! Si tratta di
mettere insieme, in perfetta armonia, trama e ordito, senza ricorrere ad altre
decorazioni. E lì si capisce se uno ha davvero fiducia in quello che sta facendo!".
E
lei lha avuta, indubbiamente, stando a quanto si ascolta nel disco. Ma ora, per
favore, ci faccia un piccolo ritrattino dei suoi ospiti più famosi: cominciando, magari,
dal grande
Djivan Gasparyan...
"Ah,
il "vecchio" Djivan: che musicista straordinario! Lavevo conosciuto di
persona già tantissimi anni fa, ai tempi della sua prima registrazione
"ufficiale". Suonava il "duduk" (il piccolo flauto armeno in radica di
ciliegio) con unintensità a dir poco spasmodica, riusciva a cavarne emozioni allo
stato purissimo, sonorità vicinissime alla voce umana: unestasi totale, insomma!
Finito il concerto sono andato a conoscerlo di persona, e lì ho scoperto che luomo
era, se possibile, ancor più grande e incantevole del musicista.Un vero miracolo in carne
e ossa!".
Continuiamo
con Bobby McFerrin...
"Un
altro tipo fantastico, mi creda! Ha un sense of humour sviluppatissimo, una bonomia
inimmaginabile, una leggerezza esistenziale impagabile. E questo dipende dal fatto che
Bobby è uno dei pochissimi uomini di mia conoscenza che è stato in grado di preservare
il bambino che cè in lui. E, quindi, anche una gioia di vivere assolutamente
fanciullesca".
Avanti
un altro: il pianista africano Abdullah Ibrahim, un tempo conosciuto come Dollar Brand...
"Lo
adoro da quando ascolto musica: da almeno quarantanni, quindi! Lo adoro perché ha
uno stile pianistico assolutamente personale, con un "ostinato" della mano
sinistra molto africano e anche, perché no, molto svizzero insieme. Questo suo stile
così arcaicamente percussivo si sposa benissimo con il mio modo di suonare larpa:
abbondantemente derivato da lui, non ho alcuna difficoltà ad ammetterlo. E infatti
suonare con lui è stato un qualcosa di magico e commovente al tempo stesso. Abbiamo
provato per non più di unora, e sembrava che ci si conoscesse da una vita!".
Dulcis
in fundo, Carly Simon.
"Carly
è una delle mie migliori amiche. La conosco da ventanni, e da ventanni non
faccio altro che ringraziarla per tutto quello che ha sempre fatto per me.Mi ha aperto le
strade dei teatri americani quando non ero nessuno, quando ci voleva un coraggio da leone
per credere in quel che andavo combinando. Una persona così si trova una volta sola
nellarco di unintera esistenza, mi creda!".
Per
finire, signor Vollenweider, un paio di parole sui suoi programmi da qui a fine anno.
"Un po di riposo, prima di affrontare lo "sbarco" negli Stati Uniti: nei
primi giorni dellanno Duemila. Dove, ancora una volta, potrò contare
sullaiuto della mia cara amica Carly". |