"Sacco e Vanzetti", "Saluteremo il signor padrone" e "Bella ciao", per citarne qualcuna) che si ascoltano con un piacere pari soltanto all'enorme sorpresa. L'esatto contrario, per intenderci, del doppio "live" realizzato dallo stesso De Gregori in compagnia di Fiorella Mannoia, Pino Daniele e Ron, e uscito solo poche settimane prima di questo straordinario "Fischio". Se ce la raccontano giusta, le cose sono andate così. Già da tempo sia Francesco che Giovanna avevano voglia di rimetter mano, ognuno per conto proprio, ad alcuni materiali dimenticati del canzoniere popolare di casa. Per riportarli alla giusta considerazione delle genti, perché lo sanno tutti che senza radici non si può volare. Poi, all'improvviso, sono partiti su e giù per l'Italia i primi "girotondi" di Nanni Moretti & soci, e quella è stata la molla che ha fatto scattare il progetto. Che ora è qui, povero di una povertà certosina e proprio per questo autorevolissimo. Gravido di impegno, di storia e anche di divertimento: "perché senza quello non si va da nessuna parte", ricordano giustamente i due. E di quattordici canzoni una più bella dell'altra.
Alla
libreria Feltrinelli di Milano
Milano. E poi dicono che i miracoli non esistono. Ma a quale altra faccenda se non a un miracolo, magari molto laico se non addirittura prosaico, si può far risalire la "nuova natura" di Francesco De Gregori, ieri molto arcigno, scostante, altero, e oggi gioviale e bonario come un buon bicchiere di Barbaresco? La mutazione, tanto improvvisa quanto inattesa, ha un illustre precedente, ancor più nobile del già di per sè nobilissimo cantaurore romano (non a caso ribattezzato, da sempre, il Principe, per via dei modi alquanto altezzosi, da monarca in pectore). Questo precedente, quasi inutile ricordarlo, ha le fattezze di Sua Maestà Bob Dylan: che da quando, anni e anni fa, aderì a quel meraviglioso progetto chiamato Travelling Wilburys, ha completamente rivoluzionato il suo Dna d'artista. E infatti adesso ride e scherza che è un piacere, e si diverte un mondo a girare il pianeta con il suo "Never Endind Tour", e - udite, udite! - riesce perfino a dialogare con il suo pubblico adorante, al quale un tempo riservava, quando andava bene, un paio di grugniti e uno stentato gesto della mano.
Bene. Francesco De Gregori non ha (ancora) fondato i suoi personalissimi Travelling Wilburys, anche se quest'anno ha accettato di girare il Belpaese in compagnia di Pino Daniele, Fiorella Mannoia e Ron (ma volete mettere la differenza?). In compenso, qualche tempo fa, ha aderito con enorme entusiasmo al progetto della grande Giovanna Marini, certo la folk-singer più famosa e autorevole d'Italia, di rimetter mano a una discreta porzione del canzoniere popolare di casa, e di costruirci sopra perfino un disco: dalla copertina ovviamente rossa (tanto per chiarire fin dal primo sguardo le intenzioni che lo animano) e dal titolo emblematico di "Il fischio del vapore", direttamente tratto dalla "folk song" che lo apre. Stando a quel che raccontano i due protagonisti, il progetto è nato sull'onda lunga del "Movimento dei girotondi" animato da Nanni Moretti, con l'esplicita finalità di riportare in auge, in questi tempi dominati da una sorta di fatuità
berluscona, una robusta manciata di "canzoni che dicono", tanto per riprendere una formula molto utilizzata negli anni Sessanta. Ma, al tempo stesso, il progetto è stato subito innervato - e si sente benissimo - da un'anima molto leggera e gioiosa, da un gusto del divertissement che inevitabilmente richiama - questo sì - i Travelling Wilburys di Bob Dylan e del rimpianto George Harrison. E sarà forse per questo che, contrariamente a tutte le previsioni, il disco edito dalla Caravan (e distribuito dalla Sony) ha già venduto più di 100mila copie, e i due protagonisti si sono conquistati, qualche giorno fa, un'intera pagina del parigino "Le Monde".
Erano a Milano mercoledì sera, in una Libreria Feltrinelli (di piazza Piemonte) colma fino ai limiti dello svenimento, i due meravigliosi protagonisti di questa eclatante avventura. Il Principe calato dentro una T-shirt verde mela e i soliti jeans decolorati, Giovanna Marini elegantissima dentro un vestitino nero lungo fino ai piedi, giovanilissima con i suoi capelli bianchi tagliati quasi a spazzola. E poi, ad accompagnarli, due chitarre acustiche, due microfoni e due sgabelli, e una bottiglia di vino dalla quale Francesco De Gregori, nei momenti di pausa, mesceva qualche bicchiere da offrire ai (pochissimi) giornalisti presenti ai lati del palco: e anche da questo piccolissimo particolare si può evincere la natura, quasi gucciniana, del suo nuovo modo di essere. Il tutto confermato dalle "orazion picciole" snocciolate fra una canzone e l'altra. Per esempio la genesi della drammatica "Donna lombarda di Gualtieri", in cui un pargolo di pochi mesi si mette miracolosamente a parlare per avvertire il padre che il vino che la moglie gli porge è avvelenato: "e questa è la dimostrazione più evidente che Dio non l'aveva ancora chiamato a sè". Oppure la "natura politica" della splendida "Nina ti te ricordi" di Gualtiero Bertelli: "e qui vorrei ricordare che, come si diceva negli anni Settanta, tutto è politica, in un modo o nell'altro: anche le canzoni degli 883 sono profondamente politiche". E giù applausi scroscianti da parte di un pubblico entusiasta, al quale De Gregori a un certo punto chiede se, lì dentro, c'è qualcuno di sinistra. E di fronte al coro di
"sìììì" che si leva possente, lui, ridacchiando, sbotta: "mistificatori!".
Lo spettacolo (in sè) è bellissimo. Breve (meno di un'ora) ma intenso di un'intensità quasi spasmodica (eppure lieve), e colmo di tutte quelle soavi incertezze e dimenticanze che caratterizzano le esibizioni sincere, per nulla artefatte. Si è perfino scusato, il Principe, per queste piccole manchevolezze: "sapete...", dice, "abbiamo messo giù una lista di canzoni da fare, ma poi ci siamo completamente dimenticati di stabilire quali fare realmente!". E allora magari lui parte in anticipo sulle rime di "O Venezia che sei la più bella", e lei ritarda un po' a intervenire nell'"Attentato a Togliatti", e insieme non trovano la giusta sintonia in "Saluteremo il signor padrone". Ma va bene - benissimo - così, tanto è potente il fuoco della passione che li anima. E che trova il suo climax nell'esibizione solitaria di Giovanna Marini in due canzoni composte da lei moltissimi anni fa: "I treni per Reggio Calabria", cronistoria della manifestazione contro la rivolta (fascista) per "Reggio capitale" dell'ottobre 1972, e "Lamento per la morte di Pasolini", in ricordo del grande scrittore (e poeta, e regista) assassinato il 2 novembre del 1975 a Ostia. E tutto il resto sono cori, autografi, sorrisi, abbracci e brindisi alle feste imminenti. Ce ne vorrebbero tante altre, di iniziative così. Ad maiora!
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