anche altre aree
della Musica Giovane, per esempio il Brasile del samba e della bossa-nova. Dove, da qualche giorno a questa parte, è disponibile sul mercato
"Music typewriter" (Hannibal), l’album d’esordio di
Moreno Veloso, figlio ventottenne dell’immenso Caetano. Che in
copertina, per pudore e timidezza innata, ha voluto far seguire il suo
nome da un curioso "+ 2", che sta per i musicisti-amici che
hanno condiviso con lui gli enormi piaceri - e anche le piccole
fatiche - di questo debutto discografico: il percussionista Domenico
Lancellotti, di lontane ascendenze italiane (calabresi, per la
precisione) e il bassista Alexandre Kassin. Due coetanei che quasi
sempre lo seguono in giro per il mondo (a Milano, per esempio, c’è
con lui Domenico) per alleviargli la noia di dover incontrare una
dozzina di giornalisti al giorno, e ripetere sempre le stesse cose
trite e ritrite.
E
allora succede, come per miracolo, che l’intervista si trasformi in
un piccolo show estemporaneo, dove le battute volano ad altezza d’uomo
e le risate si levano altissime verso il cielo. Perché questa è la
natura profonda dei nostri tre compagnoni, che, per fortuna, ancora
intendono la musica come un’espressione di vita, e non come un
mestiere alla stregua di qualsiasi altro: il tornitore, l’agente di
cambio, il piazzista di elettrodomestici, l’insider trader. E le gag
esilaranti rimbalzano come palline di un flipper dalla bocca di Moreno
- che ha occhi nerissimi e una lunga barba in tinta, ed è molto più
esile e piccino del suo leggendario genitore - a quella di Domenico:
barbutissimo e scurissimo anche lui, con un deliziosa accento a metà
fra il carioca e il reggino. E dunque si può cominciare, ben sapendo
che quella che ne uscirà sarà una chiacchierata alquanto
estemporanea a proposito di un disco che mette allegria fin dal primo
ascolto...
Moreno,
gira voce che tu abbia realizzato così tardi il tuo disco d’esordio
perché sei molto impegnato con i tuoi studi di fisica...
Moreno.
"Ma va là, mica vero niente... Mi mancano ancora tre esami alla
laurea, e non ho neanche il tempo di prepararli... La musica mi sta
assorbendo 24 ore su 24!".
Come
cantante solista?
Moreno.
"No, come violoncellista e percussionista dentro un paio di band
alquanto bizzarre, e straordinariamente lontane da quella che in
genere viene identificata come la "musica brasiliana
verace". La prima si chiama Mulheres Que Dizem Sim, ragazze che
dicono sì, che è poi la speranza che ogni uomo nasconde in fondo al
suo cuore... E’ una band che mi piace molto, questa, che fa un
tumultuoso miscuglio di funky, samba e salsa. La seconda, invece, si
chiama Goodnight Warsavia, ed è un bell’esempio di punk della prima
ora, molto energetico e ultrasfrenato. Ci lavora dentro anche il mio
amico Arto Lindsay, e noi
sfoggiamo degli pseudonimi un po’ tonanti... Io per esempio sono
Nino De La Pata, Mauricio Pacheco è Rick Friedman, Domenico è Renzo
Micelino...".
Domenico,
ridendo a crepapelle. "Ci siamo inventati questi pseudonimi qua
perché ci piace un sacco la mitologia, la troviamo molto punk fin dai
tempi del leggendario generale polacco Jaruzelski. E poi ci piace
tantissimo raccontare un sacco di bugie, anche queste sono così punk!
E lasciamo a te il dubbio - molto punk anche questo - di scoprire fino
a che punto siano vere le cose che ti raccontiamo in questa
chiacchierata, e da che punto in poi siano inventate di sana pianta...
Del resto, chi diceva che la più grande menzogna è la verità
assoluta?".
Non
ne ho la minima idea, e comunque andiamo pure avanti su questo crinale
sospeso fra realtà e invenzione. Quando ti è saltato in testa,
Moreno, di diventare cantante, solista e leader del tuo attuale trio?
Moreno.
"Era il 1998, e Carlos Barmark, il direttore del Museo di Arte
Moderna di San Paolo, mi aveva appena chiesto di portare un mio show
nella minuscola sala da concerti del museo. Io ero un po’ titubante,
ma poi nel suo ufficio ho visto una ragazza molto "linda", e
allora ho accettato con grande entusiasmo... Sempre per la serie:
Mulheres Que Dizem Sim!".
Domenico.
"Io e Alexandre Kassin siamo arrivati più tardi, quando Moreno
ci ha chiesto di accompagnarlo in questa sua nuova avventura. E così
abbiamo messo giù una scaletta di canzoni che, sostanzialmente, è la
stessa che si trova ora dentro il disco".
Parliamone
un pochino...
Moreno.
"Volentieri. E’ una specie di diario musicale della mia vita,
dove compaiono alcune "cover" di motivi che mi hanno
accompagnato per anni e anni. Una per esempio è "Só Vendo Que
Beleza", conosciuta anche come "Casinha da Marambaia",
portata al successo da Carmen Costa nel 1942. Un’altra è
"Esfinge" di Djavan, che nel disco canto in coppia con mio
padre. Un’altra ancora è "I’m wishing", la splendida
canzone d’apertura della colonna sonora di "Biancaneve e i
sette nani", che interpreto in coppia con Daniel Jobim, il nipote
del grande Tom Jobim. E poi ci sono un po’ di cose mie...".
Domenico.
"Che sono fantastiche, un autentico contributo per... migliorare
la qualità della vita! Sono molto variegate, un miscuglio
incandescente di samba, bossa nova, elettronica e MPB, vale a dire
"Música Popular Brasileira". Un po’ come fanno band
straordinariamente interessanti come Pedro Luis e a Parade, Lenine e
Chico Sience e Nação Zungi, che miscugliano le percussioni afro con
le chitarre rock alla Sepultura, sulla falsariga delle formidabili
invenzioni di
Arto Lindsay,
Bebel Gilberto e
Vinicius
Cantuária...".
E
i rapporti con tuo padre, Moreno, come sono?
Moreno.
"Eccellenti! Caetano è una persona meravigliosa, mi ha insegnato
a cantare e a suonare la chitarra fin da quando avevo nove anni
appena. L’unica cosa che mi rimprovera è il mio rapporto con la
lettura... Non leggo niente, insomma!".
Domenico.
"E infatti Caetano gli ha appena regalato la nuova antologia del
nostro grande poeta Manoel de Barres. Si chiama "Livro das
Ignoráncias"..."