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Musica per l'anima

a cura di Roberto Gatti

 

Henry Salvador
"Chambre avec vue"
Recensione e intervista

EI fans di lunghissimo pelo forse lo ricorderanno ancora, monsieur Henri Salvador. Era il lontanissimo 1961, e lui era la stella più scintillante di "Giardino d’inverno", uno dei varietà più riusciti dell’intera storia della Rai.

Era un Mattatore Assoluto, un "entertainer" capace di fare tutto divinamente bene: danzare, raccontare storielle, inventare giochi di prestigio, sparare gag a raffica e, ovviamente, cantare. Cantare in quel modo lieve e leggiadro come soltanto gli chansonnier di gran classe sanno fare, miscelando la melodia all’ottimismo, il "gramelot" e lo "scat" alla risata contagiosa. Proprio come aveva visto fare ai suoi idoli di sempre, Nat King Cole e Frank Sinatra innanzi tutto, dai quali aveva imparato tutti i trucchi del mestiere. E che aveva addirittura superato, nell’arte sublime del "canto con il sorriso".

Ora, a ottantatrè anni compiuti da un pezzo, monsieur Salvador ritorna fra noi: con una dozzina di canzoni del tutte inedite, in parte nuovissime e in parte ripescate nei fondi antri di chissà quali cassetti. Sono, tutti quanti, delicatissimi acquerelli di sublime fattura. Concepiti in quella "terra di nessuno" - fra il soft jazz, la bossa-nova e il samba color pastello - di cui questo genio ottuagenario è il Campione riconosciuto. E sono un’autentica delizia per le orecchie, ve lo assicuriamo.

L'intervista

Milano. A vederlo così, a distanza ravvicinatissima, elegantissimo nella sua giaccia di cachemire color crema con un "dolcevita" in tinta, il leggendario Henri Salvador non dimostra davvero i suoi 83 anni e passa. Sembra un ragazzino birichino che ha appena estratto le mani dal vaso della marmellata, e adesso ride di gusto - ah, la sua risata torrenziale e contagiosa, che quarant'anni fa è diventata addirittura una canzone! - per non essere stato colto in fallo. E invece - andiamo a controllare per scrupolo professionale - gli anni sono proprio quelli, visto che la sua nascita, nella Guyana francese, risale al luglio del 1917. E vien quasi da pensare che se i Fabolous Sixties sono stati gli anni del teenagerismo spinto e a volte anche un po' incosciente (ve lo ricordate Bob Dylan quando affermava che non bisognava prestar fede a chi aveva più di trent'anni, e Roger Daltrey che in "My Generation" cantava voglio morire prima di diventare vecchio?), questi a cavallo del Terzo Millennio sono gli anni della riscossa dei Grandi Vegliardi. Tant'è vero che il "Corriere della Sera" metteva in bell'ordine gli ultra-settantenni ancor oggi ben vivi e presenti sulla scena: Compay Segundo e i suoi sodali Ibrahim Ferrer e Rubèn Gonzàlez, Nicola Arigliano, Shirley Bassey, la più giovane del drappello. E Henri Salvador, appunto.
Il quale, puntualissimo, alle tre spaccate del pomeriggio di lunedì 29 gennaio è già seduto nel salottino dell'Orient Express di via Fiori Chiari, quartiere di Brera, ad attendere gli scritturali di turno. Con il suo solito sorriso smagliante e seducente stampato sulla bocca, e con dei modi di fare che mettono allegria al solo vederli. Arriva un cronista con i capelli rasati a zero e lui si alza, gli stringe la mano e poi... gliela passa sul cranio, dicendo con una risata: "Ma che bella testa!". Ne arriva un altro che aveva già visto il giorno precedente, e lo intrattiene come un vecchio amico ritrovato dopo esoli e secoli. Entra una ragazza alquanto charmant, e lui le bisbiglia un complimento da gentiluomo d'altri tempi. Insomma, più che una conferenza-stampa è una gran festa, per fortuna! Un happening organizzato per festeggiare l'uscita di "Chambre avec vue" (Virgin), il nuovissimo album dell'ottuagenario chansonnier che già sta mietendo trionfi in terra di Francia. E allora si può cominciare...

Com'è nato questo progetto, monsieur Salvador?
"E' nato grazie alla deliziosa insistenza di un'altrettanto deliziosa producer, la signorina Corinne Joubard, che un bel giorno mi ha detto: "Ma perché non realizzi il disco dei tuoi sogni?". E io, di rimando: "Mi piacerebbe tanto, ma le case discografiche vogliono sempre mettere le mani su quel che gli viene presentato, e questa cosa non mi va". E lei: "E se io ti promettessi che non torcerei neppure un capello a quello che mi proponi?". E io "Allora lo farei di corsa". E lei, sorridendomi: "Allora facciamolo subito!". Per strano che possa sembrare, le cose sono andate proprio così. E ne sono straordinariamente contento!".

Ma lei, monsieur Salvador, aveva già in mente qualche idea quando ha accettato di tornare in sala d'incisione?
"Certamente, avevo in testa molte melodie bellissime per le quali non trovavo le parole giuste da ormai quarant'anni. Perché, vedete, io in passato ho collaborato con i migliori parolieri di Francia - Bernard Dimey, Bernard Michel, l'incommensurabile Boris Vian - ma i bravi parolieri ormai scarseggiano, e i giovani puntano soltanto sulle frasi fatte e sulle parolacce. Non va bene così, proprio no! E infatti il mio attuale successo di ritorno è la dimostrazione migliore che gli artisti vanno lasciati completamente liberi, svincolati da ogni tipo di vincolo e di bavaglio...".

La domanda a questo punto rischia di essere totalmente inutile, ma forse conviene fargliela ugualmente: che cosa pensa della "musica giovane" in voga oggi, il rap, la techno, la house?
"Ah-ah-ah-ah! (c'è un modo di trasporre su carta la risata di monsieur Salvador? impresa titanica!). Con la meravigliosa scusa dei miei 83 anni, posso permettermi di non ascoltare NULLA di tutto questo! Pardon...".

Ci sono anche ragioni estetiche, oltre a quelle anagrafiche?
"Certo. Una canzone, per me, è come una bella ragazza sedicenne, elegantissima e affascinante nel suo abitino a fiori. Ma oggi, purtroppo, non trovo nulla di tutto questo: la bella melodia è stata dimenticata per lasciare spazio all'urlo e allo strepito. Ma mi domando, c'è proprio tutto questo bisogno di urlare?".

Eppure lei, tantissimi anni fa, insieme a Boris Vian, è stato il primo artefice del rock francese...
"E' vero, ma quello era soltanto uno scherzo! Non era certo un manifesto musicale, visto che io ho sempre considerato il rock una sorta di sotto-prodotto degenerato del jazz. Figuratevi dunque quelle "cose" che mi avete citato prima...".

Lei ha anche suonato con Django Reinhardt...
"Ah-ah-ah-ah... che tipo era Django! Mi ricordo ancora la prima volta insieme, sul palco di chissà quale teatro parigino. Io ero seduto alla sua destra, e ho passato tutto il concerto a spiare gli accordi che eseguiva sulla chitarra. Lui se n'è ovviamente accorto, e la sera dopo... mi ha fatto sedere alla sua sinistra! Ah-ah-ah-ah!!!".

Dicono anche che i suoi modelli di canto siano stati Nat King Cole e Frank Sinatra...
"Se è per questo, lo sono ancora oggi! Nat King Cole era un maestro di quello che io chiamo "il canto con il soffio", e Frank Sinatra era inarrivabile nell'arte di scandire le parole. Io non sono nulla di tutto questo, ovviamente. La mia specialità, forse, è soltanto quella del "canto con il sorriso". Chissà...".

E oggi, che cosa ascolta?
"Le stesse cose di ieri: il jazz morbido, tipo quello reso immortale dal mio amico Lester Young, e la bossa-nova brasiliana, che è tutta straordinariamente bella. E poi molta musica classica, da Ravel a Debussy, a Stravinskij, a Hindemith. Basta e avanza, non vi pare?".

Domanda d'obbligo e di chiusura, monsieur Salvador: c'è una qualche tournée in vista?
"Beh, sì. In aprile farò qualche recital all'Olympia di Parigi, poi visiterò un po' di capitali d'Europa e farò una capatina anche in Italia. Venite a trovarmi, che ci divertiamo di sicuro! Ah-ah-ah-ah!!!".

  Di Roberto Gatti

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