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Musica per l'anima

a cura di Roberto Gatti

 

Nicola Arigliano
"Go Man!"
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Milano. I prodromi ve li abbiamo raccontati a novembre, con la cronaca di quella meravigliosa serata alla "Salumeria della musica": ricca di ospiti illustri, di invenzioni a sorpresa, di canzoni

indimenticabili (ma ormai abbandonate negli anfratti della memoria), di buon umore a fiumi. Il seguito ve lo raccontiamo ora, perché proprio ora vede finalmente la luce il "figlio" - legittimo e discografico - di quello straordinario evento. Un cidì che ovviamente si chiama "Go man!", e che il suo formidabile procreatore Nicola Arigliano, la mattina di martedì 6 febbraio, andava autografando a fans e ammiratori vari con il suo "vero" nome di battesimo, Pasquale: "perché questo è il nome di mio nonno, e io sempre ho voluto chiamarmi così: e allora, adesso, per ribadire il concetto, chiamo Pasquale anche tutti quelli che mi stanno simpatici, così facciamo una grande famiglia".

E dovevate vederlo, il settantasettenne Nicola, con quale incredibile verve si muoveva nella sede (nuovissima) della sua nuova etichetta discografica: la NuN dell'ex presidente della Polygram Stefano Senardi, che ora si è messo in proprio e si è dato come marchio (su suggerimento di Franco Battiato) la lettera più "dinamica" dell'intero alfabeto arabo. Si muoveva, il nostro Nicola, con una nonchalance e una parlantina impressionanti, come si conviene a chi ha rivisto in faccia il successo dopo molti anni di semi-oscurità e semi-abbandono capitatigli addosso quasi per caso, ma, al tempo stesso, anche fortemente voluti e ricercati: "perché io sono un misantropo, padrone assoluto della mia vita, e se mi propongono delle cose che non mi piacciono, mica sto lì a pensarci molto... Non le faccio, punto e basta!".

E allora queste le piacciono molto, signor Arigliano...

"Se mi dai del "lei" non ti rispondo, ma se mi dai del tu... allora ti dico che sì, mi piacciono un sacco! E tutto il merito è del mio amico Stefano Senardi, che mi ha convinto a fare questo disco con tutte le canzoni dei tempi - "Marilù", "Permettete signorina", "Maramao perché sei morto", "Nebbia", "I sing ammore" - e gli ospiti formidabili che ben conoscete: Enrico Rava, Gianni Basso, Renato Sellani, Franco Cerri, eccetera eccetera. Senza Stefano, io sarei ancora lì con il mio solito Trio Pannocchia - così lo chiamo io, con affetto infinito. E allora... coraggio, ragazzi: un bell'applauso per Stefano Senardi!!!".

Ma che differenza c'è fra questo disco e gli altri tre registrati "live" all'Onyx Jazz Club di Matera, qualche anno fa?

"La prima differenza sta negli "ospiti speciali", che qui ci sono e là no. La seconda è che, qui, c'è una jam session completa, di quelle che piacciono a me. E infatti, se ancora non lo sapete, vi racconto io come sono andate le cose con questo disco. Noi - intendo dire il sottoscritto e il mio Trio Pannocchia - ci siamo trovati alla "Salumeria" alle 10 del mattino di quel lontano lunedì di novembre, e insieme abbiamo messo giù una specie di scaletta. Gli "ospiti speciali" sono arrivati a mezzogiorno, tutti insieme, e a loro ho detto: "Ora vi leggo la scaletta delle canzoni, e chi vuol fare un assolo dentro una determinata canzone... alzi la mano! Io prendo nota!". Così sono andate le cose, senza trucco e senza inganno. E senza prove, soprattutto!".

Quindi, lei esclude... pardon: tu escludi di poter fare mai un disco in studio?

"Lo escludo nella maniera più assoluta. Il mio lavoro, per come lo concepisco io, ha bisogno di grande partecipazione e di grande sostegno del pubblico... E io, poi, sono così egocentrico... E allora, mi vedete dentro uno studio di registrazione? Che squallore, un ambiente così vuoto e asettico! Con il produttore e l'ingegnere del suono che ti dicono: "questa va rifatta!"... Ma che rifatta... Per me, è sempre buona la prima: quel che viene viene!".

E' per questo che non hai mai voluto dare un seguito all'esperienza cinematografica della "Grande guerra"?

"Certo che sì. Mino Monicelli era un grandissimo regista, su questo non ci piove, ma io non sopporto il cinema perché mi piace l'estemporaneità. E allora, quando lui brandendo il copione diceva: "adesso facciamo da pagina 90 a pagina 94!", a me veniva spontaneo chiedergli: e da pagina 1 a pagina 89??? E' così che ho chiuso con il cinema!!!".

Però sei andato anche a Sanremo, dove si fanno un bel po' di prove...

"Forse adesso, ma ai miei tempi non era così. E poi ci sono andato perché adoravo quella canzone là, "Venti chilometri al giorno"... Mi ricordo che volevano darmene un'altra, molto più "italiana", ma io ero appena ritornato dagli Stati Uniti, dove andava fortissimo un pezzo alquanto paradossale che si chiamava "Sixteen tons", con quella strepitosa voce del basso dei Platters. E allora ho detto a Giulio Rapetti, che ai tempi forse non si firmava ancora Mogol, che anch'io volevo una canzone parodistica di quel tipo lì, e lui è stato bravissimo a ritagliarmi addosso quella roba da sfigati, di uno che fa venti chilometri a piedi... per andare in bianco! Grandioso!!!".

E' da lì, allora, che nasce il tuo mito di... "cantante che non canta"?

"Certo. Prima, per i giornali, ero soltanto "il brutto che canta 'o jazz"! Poi, su mio suggerimento, sono diventato "il cantante che non canta". Perché a me piacciono le punteggiature, per me il testo è già un qualcosa di estremamente musicale, da rendere al meglio rispettandone le pause, i silenzi, gli accenti, le virgole e i punti e virgola... Per questo mi sono sempre piaciute cantanti come Billie Holiday e Anita O' Day, per questo non ho mai sopportato tutti quei tromboni che prendono le note e le tirano all'infinito, con quella loro voce stentorea! Ragazzi, sono fatto così...".

Un'ultima domanda, Nicola. Come fai a essere così arzillo a 77 anni già compiuti?

"E' tutto merito della dieta che faccio fin da quando son nato: aglio, cipolle, peperoncino e pasta senza condimento. I miei fratelli - eravamo in quattro - mi esortavano a mangiare come loro: condimenti, salse, olio, burrata, acciughe... Ma io tenevo duro, e loro andavano in giro a dire che ero pazzo. Magari avranno avuto anche ragione, ma adesso loro se ne sono andati via in missione celeste, e invece io sono ancora qui! Che ne dite?".

  Di Roberto Gatti

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